giovedì 11 ottobre 2012

Veglia e sogni. Cosa ci dice Wislava Szymborska



 
La veglia

La veglia non svanisce

come svaniscono i sogni.

Nessun brusio, nessun campanello

la scaccia,

nessun grido né fracasso

può strapparci da essa.

 

Torbide e ambigue

sono le immagini nei sogni,

il che può spiegarsi

 in molti modi.

La veglia significa la veglia

 ed è un enigma maggiore.

Per i sogni ci sono chiavi.

La veglia si apre da sola

e non si lascia chiudere.

Da essa si spargono diplomi e stelle,
 
cadono giù farfalle e anime di vecchi ferri da stiro,

berretti senza teste

 e cocci di nuvole.

Ne viene fuori un rebus

 irrisolvibile.

 

Senza di noi non ci sarebbero sogni.

Quello senza cui non ci sarebbe veglia

è ancora sconosciuto,

ma il prodotto della sua insonnia

si comunica a chiunque

si risvegli.

Non i sogni sono folli,

folle è la veglia,

non fosse che per l’ostinazione

con cui si aggrappa

al corso degli eventi.

 

Nei sogni vive ancora

 chi ci è morto da poco,

vi gode perfino di buona salute

e di ritrovata giovinezza.

La veglia depone davanti a noi

il suo corpo senza vita.

 

La veglia non arretra d’un passo.

La fugacità dei sogni fa sì

che la memoria se li scrolli di dosso facilmente.

La veglia non deve temere l’oblio.

E un osso duro.

Ci sta sul groppone,

ci pesa sul cuore,

sbarra il passo.

Non le si può fuggire,

perché ci accompagna in ogni fuga.

E non c’è stazione

lungo il nostro viaggio

 dove non ci aspetti.


Wislava Szymborska








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