lunedì 15 ottobre 2012

Mia madre

Mirella racconta
 
Accadde così, quando se ne andò……

Era gennaio…….Era andata in cantina con mio padre per aiutarlo a prendere il carbone per la caldaia. Salendo si inginocchiò su un gradino e spirò. Ero in ufficio, mi telefonarono dicendo che la mamma era svenuta, di andare a casa subito, quando arrivai, l’avevano distesa sul letto,  gli occhi chiusi, ma lei non era più lì.

Mi sentii improvvisamente sola, travolta dalle incombenze del funerale, aiutata e consigliata dai vicini, non riuscivo a pensare ad altro finché………. Ricordo quella notte, dal mio letto vedevo la porta della sua camera illuminata ed il pensiero fisso era la finestra lasciata aperta, temevo per lei che soffriva tanto il freddo.

Cercai, in quei momenti, di riempire la mia mente di tutti gli attimi della mia vita con lei, volevo che nulla mi sfuggisse, avrei voluto essere una scultore per scolpire ogni attimo su un marmo.

I primi ricordi erano spesso collegati alle mie frequenti cadute, mi piaceva correre ed andare in bicicletta, ma le ginocchia erano sempre da restaurare, con la conseguente disinfezione, abbastanza dolorosa, quando non c’era l’alcol, c’era il sale con l’aceto, aveva il terrore del tetano, aveva perso di recente il suo nipote prediletto.

Andavamo spesso a fare passeggiate pomeridiane e la meta era la fabbrica di mio padre.

Quando ero in cortile, con il cancello rigorosamente chiuso, si affacciava spesso a controllarmi.

Rivedevo la sua felicità quando, con la liquidazione della pensione di mio padre, acquistarono una sala da pranzo in stile “chippendale”, la volle fortemente, era stata l’unica spesa che si era potuto fare senza togliere nulla agli investimenti della fabbrica.

I compagni di scuola mi chiedevano se era la mia nonna, non capivo perché, i suoi stupendi riccioli grigi non avevano età; severa, ma, forse solo in apparenza; non perdeva l’occasione per essere un’educatrice, lei, che aveva fatto solo la terza elementare, ma adorava leggere, era sempre informatissima.

Ricordai quando, con tanto timore, affrontò anche argomenti allora tabù, temeva cattivi insegnamenti e la malizia degli altri.

Leggeva il giornale sempre, si appassionava  agli scontri fra politici e seguì tutto il processo Eichmann in Israele.

Non era stato possibile comportarci come due amiche, forse perché quarantacinque  anni di differenza erano tanti, o forse ne era mancato il tempo. Ambedue, però, sentivamo la necessità del contatto fisico: spesso io, con la testa appoggiata al suo grembo, lei che mi accarezza i capelli, in silenzio…. Lei, che a 13 anni aveva dovuto  lasciare la sua mamma per andare a stare con un fratello; la famiglia, numerosa, aveva dovuto dividersi causa la morte prematura del padre.

Sapeva di essere una madre quasi nonna e temeva di non riuscire a portarmi all’età adulta.

Per fortuna Mirella è una femmina,” diceva, “una donna si cresce con meno fatica che un maschio.” 

Quando mio padre pensava ad un secondo figlio lei gli diceva sempre “ e se viene un maschio e non riusciamo a crescerlo?”

Quando la zia Maria, sorella di mio padre veniva da Genova per stare un po’ con noi,  per lei era una festa, due caratteri diversi, ma che si adoravano ed anche quel giorno di gennaio, dopo il pranzo, in attesa dell’ora per andare in ufficio, io, la testa sulle sue ginocchia, mentre la sua mano giocava con i miei capelli, mi disse “ Sai arriva  zia Maria, mi ha telefonato questa mattina, ci porta un po’ della sua allegria, ha detto che starà qui un po’ più del solito”, forse il cuore le diceva che era l’ultima carezza.

Non ho preso molti scappellotti, ma quello che ricordai meglio, in quella notte insonne, fu quello che mi diede quando le dissi che ero andata e passeggiare con le compagne in Via dell’Inferno,  per me una strada come le altre, per lei la via dove fino a pochi anni prima vi erano le “case di tolleranza”, dopo il ceffone,  mi spiegò tutto.

Anche le forti discussioni con la nonna Chiara, la suocera, mi passarono davanti come lontani episodi, eppure quando avvenivano, otre a farmi male, mi creavano disagio, perché soffrivo a vedere che due persone che adoravo, si scontravano causa la forza dei loro caratteri, ma quello della nonna cercava sempre di sopraffare l’altro, quello della mamma.

Non si era mai lamentata di essere stata 25 anni fidanzata prima di sposarsi, non ho mai capito se non le era pesato o se l’aveva subito come un destino.

Quando, ormai cresciuta, portavo i tacchi altissimi e lei non più, mi avvicinavo, abbracciandola, la sentivo piccola, con i suoi riccioli, che avevo sempre visto grigi, sulla mia spalla, mi sembrava di proteggerla da quei disturbi che la mia nascita, nella età avanzata, le aveva procurato, quei disturbi che in definitiva me la portarono via dopo 23 anni, possono  sembrare tanti, ma in un rapporto madre e figlia sono sempre pochi.

 

 

 

 

 

1 commento:

  1. Mi ha molto emozionata leggere i tuoi ricordi Mirella, mi ha commossa l’idea del distacco dalle persone care, il cercare più ricordi possibili. Questo tipo di distacco rappresenta il timore più grande per me e di recente mi è passata accanto questa possibilità sfiorandomi e ancora è là che mi guarda, spero che si possa allontanare al più presto.
    La ragazza col vestito a fiori

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