MAUTHAUSEN
Per non
dimenticare
Sono passati ormai quasi 7
anni da quel giorno, da quella mattina che iniziammo quel “ viaggio “, che
sapevamo non essere una vacanza, ma una presa di coscienza.
Avevamo prenotato da tempo
presso l’ANED, era il 60/° anniversario della liberazione dei campi di
sterminio.
Informati da libri, film,
testi di ogni genere, pensavamo di sapere, ma bisogna vedere per sapere e
continuare a ricordare.
Alle 6 del mattino di
venerdì 6 maggio , con un tempo variabile partiamo, con piacere conosciamo
quelli che saranno i nostri compagni di viaggio: ad esempio, due dipendenti del
Comune di Casalecchio, il presidente dell’Aned di Bologna, signor Corazza, ex
deportato, la segretaria e tanti altri.
A Tarvisio passiamo il
confine, entriamo in Austria, qualcuno dell’Associazione comincia ad
illustrarci le varie tappe del viaggio e l’atmosfera comincia a cambiare.
Il tempo è grigio, durante
la seconda sosta siamo contornati da cime innevate e fa freddo, oltre al freddo
che ha iniziato a penetrarci.
Arrivati
a Linz, ci sistemiamo nelle camere, andiamo a cena dove, compagni di tavolo i
due dipendenti comunali di colore politico diverso, si inizia un colloquio a
puntate sull’argomento. Più tardi facciamo un breve giro, la serata è libera,
ma la stanchezza ed il freddo si fanno sentire.
L’indomani,
dopo la prima colazione si parte per la visita al Campo di sterminio di
Mauthausen e di Gusen. Arrivati al
piccolo paese: piccole villette, un
qualunque paesino di collina, ci accoglie, lasciamo il pulman alla stazione e
percorriamo a piedi quella strada che migliaia di deportati avevano percorso
nel periodo dello sterminio; nessuno parla, abbiamo tutti freddo, sotto ai
nostri giubbotti imbottiti, loro avevano vestiti di cotone, zoccoli ai piedi
…..senza cappotti.
La
storia la sanno tutti ma toccare con il cuore, camminare su quelle stesse
pietre, mi sembra di violare un sacrario, arriviamo all’entrata principale, c’è
gran fermento per la preparazione della giornata di domani ”Incontro
internazionale” lapidi, monumenti che ci urlano la loro storia, inizia una
pioggerellina, che sembra quasi timida per non disturbare quell’omaggio, quello
ufficiale lo faremo domani.
Arriviamo
a quell’enorme spiazzo che è la cava, ora, è piena di verde,
sembrerebbe un luogo di pace, invece qui passarono 206000 ombre che non erano
più persone, di ambo i sessi e ne morirono circa 150000, era il “campo
madre” per tutta l’Austria, iniziamo a
percorrere la “Scala della morte” 186 gradinie dalla lettura della targa
sentiamo, non sulle spalle ma nel cuore, il peso di quegli orrori di quei
crimini inenarrabili che qui si sono
perpetrati.Nel
silenzio sentiamo i suoni che escono da quelle pietre, i tonfi dellebastonate
e del calcio dei fucili, mentre si abbattono su quei povercorpi che reggevano
sulle spalle un pesantissimo masso
La
storia la sanno tutti ma toccare con il cuore, camminare su quelle stesse
pietre, mi sembra di violare un sacrario, arriviamo all’entrata principale, c’è
gran fermento per la preparazione della giornata di domani ”Incontro
internazionale” lapidi, monumenti che ci urlano la loro storia, inizia una
pioggerellina, che sembra quasi timida per non disturbare quell’omaggio, quello
ufficiale lo faremo domani.
Proseguiamo
per Gusen, uno dei tre sottocampi di Mauthausen, ci fermiamo davanti a uno dei
forni crematori.
Uno
degli ex deportati che ci accompagna si
sente male, deponiamo una corona di alloro, poi rientriamo in albergo per il
pranzo, non è facile mangiare dopo una simile visita.
Al
pomeriggio ci aspetta una ulteriore prova, la visita al Castello di Hartheim
(centro di sperimentazione medica nazista sui deportati ).
Il
Castello di Hartheim era originariamente un luogo di cura per bambini malati di
mente curati da un gruppo di suore del convento di Alkoven. Nel 1940 i nazisti
scacciarono le suore e la struttura venne trasformata in un centro di
eutanasia, nell’ambito dell’operazione T4, ovvero dello stermino dei portatori
di malattie mentali e di portatori di handicap.
Il
castello di Hartheim divenne tristemente famoso come sede di esecuzioni di
massa, in applicazione della disposizione sulla eutanasia
voluta da Hitler.
Il castello era in posizione isolata, vicino alla linea ferroviaria e vicino
anche al campo di Mauthausen. Nel castello
venne costruita una camera a gas che funzionò non solo per Mauthausen anche per
Dachau.
L'Aktion
T4 fu il nome dato dopo la prima guerra mondiale al Programma nazista
di eutanasia
che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da
malattie genetiche,
inguaribili o da più o meno gravi malformazioni fisiche. Si stima che
l'attuazione del programma T4 abbia portato all'uccisione di un totale di
persone compreso tra le 60.000 e le 100.000. Per quanto concerne la sola terza
fase dell'aktion T4, i medici incaricati di portare avanti l'operazione
decisero di uccidere il 20% dei disabili presenti negli istituti di cura, per
un totale di circa 70.000 vittime. Ad ogni modo l'uccisione di disabili
proseguì anche oltre la fine ufficiale dell'operazione, portando quindi il
totale delle vittime ad una cifra che si stima intorno alle 200.000 unità. Il
tutto regolarmente registrato e documentato dal fanatismo nazista, e
giustificato, si fa per dire, come risparmio per la nazione.
Questi
dati non è facile scriverli, sembra di essere in un film dell’orrore, ma non è
stato un film, le foto che tappezzano le pareti di questo luogo ed i filmati ti
annientano, non riesci più a pensare, fai fatica a credere che “medici” abbiano
potuto perpetrare simili crimini.
Rientriamo
a Linz, dopo una breve sosta, si va a cena e solamente guardando i
sopravvissuti che sono con noi riusciamo a rientrare nell’attualità.
L’indomani
mattina 8 maggio ripartiamo per l’incontro internazionale al campo di Mauthausen, entriamo nel clima,
un po’ rumoroso ma molto rispettoso. Dopo la cerimonia al monumento italiano,
dove troviamo
anche
la lapide di un cittadino di Sala Bolognese, dove abitiamo ora
ci
uniamo al corteo delle delegazioni internazionali, intorno a noi in tutte le
lingue, si parla di quell’ orrore, a parte la diversità degl ’inni nazionali, l’espressione
degli occhi ed i sentimenti si incontrano in un unico popolo.
Finite
le cerimonie passiamo al museo, acquistiamo alcune cartoline, che non spediremo
mai perché sono testimonianze che non puoi trasmettere con una cartolina.
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