venerdì 27 dicembre 2013

Pier Paolo Pasolini: una riflessione




"Il problema è avere gli occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono.
Occhi chiusi.
Occhi che non vedono più.
Che non sono più curiosi.
Che non si aspettano che accada più niente.
Forse perché non credono che la bellezza esista.
Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio". 



Pier Paolo Pasolini











Cari miei quattro lettori
abbiamo gli occhi chiusi?
Sappiatemi dire!

Maria Luisa

giovedì 26 dicembre 2013

Se io fossi io

Qualche pensiero da Clarice Lispector, "La scoperta del mondo"


Se io fossi io
Provate anche voi: se voi foste voi, come sareste, e cosa fareste? Per
prima cosa si prova un senso di disagio: la menzogna in cui ci eravamo
accomodati si è leggermente spostata dal posto in cui si era accomodata. Tuttavia mi è già capitato di leggere la biografia di persone che all'improvviso diventavano se stesse e cambiavano completamente vita.
 Credo che se io fossi realmente io, gli amici per strada non mi saluterebbero nemmeno, perché persino la mia fisionomia sarebbe cambiata. Come? Non lo so. Metà delle cose che farei
se fossi io non le posso dire. Credo, ad esempio, che per un qualche
motivo finirei in galera. E se io fossi io darei via tutto ciò che mi
appartiene, affiderei il mio futuro al futuro. "Se io fossi io" sembra
costituire il nostro più grande pericolo di vivere, sembra l'entrata nuova
nell'ignoto. Allo stesso tempo sospetto che, passata la cosiddetta sbornia per la festa
improvvisa, proveremmo finalmente l'esperienza del mondo.

Ditemi, miei quattro lettori, se voi foste voi, chi sareste?
Io ci sto pensando.
ASPETTO RISPOSTE!!
Luisa


lunedì 25 novembre 2013

Vogliamo credere che ci ama?




Bene, e allora ci ama male. Non è questo l’amore. Un uomo che ci picchia è uno stronzo. Sempre, E dobbiamo capirlo subito, al primo schiaffo. Perché tanto arriverà anche un secondo, e poi un terzo, e un quarto. L’amore rende felice, riempie il cuore, non rompe le costole, non lascia lividi sulla faccia … pensiamo mica di avere sette vite come i gatti? NO ne abbiamo una sola, NON BUTTIAMOLA VIA!!”
Luciana Littizzetto




Le ragazze del gruppo di scrittura autobiografica del carcere Dozza di Bologna hanno scritto e alcune stanno ancora scrivendo per condividere questa giornata con tutte voi.
Manderanno i loro testi una volta completata la procedura richiesta.

Ti racconto quella volta

E' appena partita la Scrittura simultanea on line contro la violenza sulle donne.
 
 > Stanno cominciando ad arrivare i testi. Li potete leggere qui



 
 
 
 

giovedì 21 novembre 2013




In occasione della ricorrenza della Giornata Internazionale per l'Eliminazione della Violenza contro le donne, Scrivere Oltre il Silenzio organizza una Scrittura Simultanea (una sorta di flash writing mob, oppure di microfono aperto, on line): chiunque vorrà potrà collegarsi al sito www.lua.it/beyond il 24/11/2013 a partire dalle 18:30 e raccontare scrivendo nel modulo apposito un episodio della propria vita in cui sono stati oltrepassati i confini dell'amore.



 I testi, previo consenso di chi li ha scritti, saranno pubblicati sul sito.
Per info e adesioni: www.lua.it/beyond


Amiche e amici SCRIVIAMO TUTTE INSIEME!

Lo faranno anche le ragazze del carcere Dozza di Bologna
Le loro scritture dovranno attendere il permesso degli organi competenti per essere inoltrate ma la scrittura sarà in contemporanea.


mercoledì 23 ottobre 2013

Poesia dal carcere

Una detenuta ci ha mandato questa poesia.
Le manderò i vostri commenti e le vostre riflessioni.

Io e le stelle
 

Il vento racconta
ad ogni stella
pensieri … parole 
 

Io
le osservo, le ascolto, poi ...
poi le scrivo per farle
leggere al mondo intero

Vito

martedì 22 ottobre 2013

Una poesia e una domanda ...

Una bellissima poesia di introduzione a un libro affascinante.
Allora vi chiedo, se di tutto resta un poco, cosa c'é di voi qui dove siete e in giro per il mondo?
Aspetto risposte!  



… Che di ogni cosa resta un poco.

E’ rimasto un po’ del tuo mento

nel mento di tua figlia.

 

Del tuo ruvido silenzio

un poco è rimasto, un poco

sui muri infastiditi,

nelle foglie, mute, che salgono.

 

E’ rimasto un po’ di tutto

nel piattino di porcellana,

drago rotto, fiore bianco,

di rughe sulla tua fronte,

ritratto.

 

Se di tutto resta un poco,

perché mai non dovrebbe restare

un po’ di me? nel treno

che porta a nord , nella nave,

negli annunci di giornale,

un po’ di me a Londra,

un po’ di me in qualche dove?

nella consonante?

nel pozzo? ….

 

CARLOS DRUMMOND DE NDRADEM Residuo (Traduzione di Antonio Tabucchi)

martedì 15 ottobre 2013

Che pasticci che faccio! Errata corrige

ERRATA CORRIGE                

detto anche : che pasticci  che faccio

 

 

IL corso LE PAROLE DEI NOSTRI SILENZI

 

 

presso il Cif Via del Monte 5 inizia domani giovedì 17 alle ore 16

 

 

SORRY SORRY SORRY

lunedì 14 ottobre 2013

Innamorarsi ......



- ci possiamo innamorare per favore?
- mi hai appena chiesto se ci possiamo innamorare?
- sì, credo di avertelo appena chiesto
- non credo funzioni così
- cosa intendi dire?
- penso dovrebbe venire naturale
- tipo?
- tipo la fame, la sete, la nascita e la morte
- le lacrime?
- sì, anche le lacrime
- la pipì?                                                                                                                                 L'autore Guido Catalano - certo                
- la pioggia, il terremoto, le onde, le nuvole, la luce del sole?                                   
- sì, proprio come la pioggia, il terremoto, le onde, le nuvole, la luce del sole
- come le fusa dei gatti, dunque
- sì, mi sembra tu abbia capito il concetto
- allora aspettiamo, magari succede
- magari succede
- speriamo
 
 

giovedì 10 ottobre 2013

Acromionplastica


 

 .... ovvero cronaca di due ore in sala operatoria



E’ arrivato il giorno che temevo e aspettavo, sono sdraiata su un letto ed attendo che vengano a prendermi per fare quella cosa strana, che non è altro che un intervento alla spalla destra.

Mostro una calma, che non lo so nemmeno io, ma credo sia apparente, passano le ore, nulla, poi finalmente, vestizione e gocce del “coraggio”, Giampaolo mi accompagna spingendo il letto fino all’anticamera della sala operatoria.

Si aprono le porte, tutto è verde ma tutto è caotico, credo che siano camere sterili,  ma qualche dubbio mi sorge; lettini ovunque in riordino, mi parcheggiano dietro, sembra un ripostiglio, il letto entra a mala pena, mi legano, temono forse una fuga, ci ripensano lasciano legato solo un braccio, quello che servirà per il monitoraggio (una sfigmomanometro, una sonda per le flebo  e gli adesivi per l’ECG); contemporaneamente chi mi sta intorno si scambia le impressioni su una visita ad un mercato di paese del giorno precedente, dove ha fatto compere, ed è così che ho appreso che esistono delle piante che vivono appese ad un filo senza terra, vivono solo con una immersione in acqua di tanto in tanto. Cerco di iniziare una conversazione: “ Siete voi l’equipe che è su internet?” mi guardano stupiti ma interessati non sanno nulla e la notizia si sparge con soddisfazione di tutti.

Improvvisamente si materializza un individuo verde, mascherato e mi dice quasi dispiaciuto: ”Salve sono l’anestesista”.

Forse il mio sguardo non è stato di apprezzamento, non era quello con il quale avevo avuto il colloquio. Il suo porsi mi sembrava timoroso, ha cominciato a spiegarmi cosa avrebbe fatto, come avrebbe proceduto, cosa avrei dovuto sentire. Abbreviamo: tre forotti  invece di uno prima che arrivassero quelle benedette contrazioni del muscolo che annunciavano che aveva trovato il punto giusto.

Venti minuti di attesa per sentire o meglio per non sentire più i pizzicotti che mi davano a turno, quindi, altro cambio di tavolaccio, pronti via dentro. Gruppetti di individui verdi, nascosti dietro le loro maschere ovunque: chi piega dei teli rigorosamente verdi, chi sistema degli arnesi metallici, il tutto condito dalle chiacchiere più varie, finalmente entrano due occhiali da miope, ecco l’ho riconosciuto è il dottore, che attorniato dai suoi assistenti, mi opererà.

Cerco di non perdere un colpo, mi separano dal mio braccio destro con un enorme telo, tremo come una foglia, ho freddo. Mi coprono con una coperta metallica sotto la quale inseriscono un phon: per captare tutto dovrei essere come un Pc con tante cartelle: una voce insegna ad un’altra la ricetta dei biscotti della nonna, è tornata quella della pianta pensile e ne magnifica ancora i pregi, vorrei capire cosa succede su di me,  per un po’ di tempo le sensazioni sono strane, ma c’è una disquisizione sulle pensioni e sulla Legge Fornero (anche qui!!!!!), ed un accorato appello di una voce giovane: “No dottore lei non andrà in pensione presto vero?”

Improvvisamente una frase attira la mia attenzione:” Attento,  attento, vedi scappa, prendilo con le pinze,….. (sospiro…) ah bene” - ho immaginato che un pezzetto ribelle di me stesse giocando a rimpiattino.

 Poi è stato un  susseguirsi di:” martello, scalpello, sega, aspiratore,  è pronta l’ àncora  ancora martello”. Non ci voleva una fervida fantasia per capire il significato - bastavano i rumori ed i tonfi che mi avrebbero spostato, ecco il perché della legatura..

Di tanto in tanto si materializzava il viso o la maschera dell’anestesista: ”Tutto bene?” ero troppo stanca per rispondergli “una moccia”.

Dopo due ore mi sono rivolta direttamente al dottore per sapere se ne aveva ancora per molto “meno di cinque minuti” -  è stata la risposta - è stato onesto.

Quando sono rientrata in camera, battevo  i denti e quando ho visto Giampaolo mi sono messa  a piangere, come pure quando ho sentito i miei ragazzi, dai …. sono tornata. l’avventura era finita, ora tanta pazienza …….. ma non alla prossima.

Tutto questo per riderci un po’ su …….. a posteriori.

 

mercoledì 2 ottobre 2013

Anghiari Festival dellautobiografia

RAGAZZE!!!

NON SENTO PIU' LE VOSTRE VOCI E MI MANCANO LE VOTRE RIFLESSIONI.


VI PREGO, FATEVI SENTIRE!!!!

 

Il piatto del giorno

Dal festival della Libera Università dell'autobiografia di Anghiari

Scrittura a mano libera

Anghiari, un borgo fuori dal tempo, scenario di questo festival caratterizzato da incontri con persone che, come te, vengono a porre le domande fondamentali della vita.
E poi le emozione degli incontri sul terremoto, la condizione femminile e tanto ancora. E poi il carcere.
La sala degli audiovisivi stipata ad ascoltare la voce dei detenuti della casa circondariale di Opera, Milano, che raccontavano la loro sofferenza. E molti fra il pubblico si sono resi conto, forse per la prima volta, della loro ricca umanità e che una persona in restrizione non è solo il suo reato. Ma molto di più.
Silenzio assoluto nella saletta del teatro quando abbiamo letto i testi dei nostri ‘ragazzi’ e delle nostre ‘ragazze’ ristretti nel carcere bolognese della ‘Dozza’.
E come congedo e ringraziamento per aver letto questo mia testimonianza sul Festival, vi riporto un collage delle loro voci.

Collage’ di frasi raccolte da testi di autori diversi

Nel mezzo del casin di nostra vita mi ritrovai in una cella oscura… .
Cosa vuoi dalla vita? E’ una domanda difficile. Cosa vuole la vita da me?
Penso che nella vita se non cerchi prendi quello che passa.
Io so perfettamente che cosa voglio dalla vita: un buon lavoro, una famiglia attorno a me, degli amici … Ma se è questo che voglio veramente perché non ce l'ho? Perché la mia vita ha preso una piega diversa?
Nato in casa e pesato su una bilancia della frutta. … Mia madre: non molto alta, uguale a mio padre, di una dolcezza unica, oppressiva quanto basta. E’ stata una forza per me. Volevo essere come lei, con tutte le sue rughe infinite, che ognuna aveva la sua storia da raccontare.
La scuola è un posto dove si comincia ad imparare il futuro perché se non sai leggere e scrivere avrai una vita sofferente e povera. Forse se non avessi abbandonato la scuola non sarei qua.
Avevo all’incirca 20 anni, un’età in cui quando ti ci trovi non ci fai caso e ti sembra normale, ma è solo quando hai molti più anni che capisci che i 20 anni arrivano una sola volta nella vita. Quando siamo felici non lo sappiamo. Lo capiamo dopo quando ci mancano quei momenti e allora scopriamo cosa sono stati.
Il desiderio di cambiare è diventato irresistibile e così abbiamo preso la lunga strada dell’emigrazione verso il paese dei miei sogni, l’Italia, verso la Repubblica democratica fondata sul lavoro….
Dapprima il mare lo immaginavo un tappeto liscio come i capelli di mia madre, ma non immaginavo che di notte era così spaventoso. … Appena arrivato grande gioia. E’ come scappare dal buio verso la luce.
Quando la mia condanna, morte dell'anima, venne letta, sentii un sospiro venire dal mio cuore.
Ricordo che entrai in carcere con quella spavalderia che rasenta l’ignoranza perché non conoscevo il mondo di cui stavo entrando a far parte.
Ho avuto paura. Questo piccolo spazio dovrà essere il posto in cui vivere per il resto della mia detenzione, spettatore e attore del mio cambiamento.
Lo stato vuole sei anni e quattro mesi della mia vita, anzi, della mia gioventù.
Il nemico più grande è il tempo. Se non lo gestiamo noi, lui non ci pensa due volte a distruggere. E’ un mondo dove il tempo si dilata: una giornata sembra un mese, un anno sembra un secolo, ma in fondo è un posto dove puoi ritrovare te stesso e dove ritorni ad apprezzare anche le piccole cose che fino a poco tempo fa ti sembravano insignificanti.
Una cosa fondamentale ho capito: delinquenti non si nasce ma si diventa e senza buone guide è difficile imboccare la via giusta, specialmente nella parte d’Italia dove io vivo.
Ho cavalcato molte avventure, molti amori, non sempre felici, che spesso hanno lasciato cicatrici indelebili dentro di me. Forse sono maturato, cresciuto, ho abbandonato la veste del Peter Pan che c’è dentro di me e ho cominciato ad apprezzare le cose della vita in un modo diverso, dando a tutto un giusto valore ed assaporando fino in fondo le sue emozioni: regali inattesi.
Sono la vostra pecora nera, anche se non mi considerate così. Mi dicevate sempre che sbagliare si può, ma che sono una fabbrica di sbagli. Sai mi fate venire in mente le parole che mi dicevate spesso: "Sei caduta, ora ti rialzi"
Scorrendo tutte le fasi della mia esistenza mi accorgo sempre di più che la vita, in qualsiasi situazione, è sempre degna di essere vissuta.
Commettiamo errori anche da adulti ma abbiamo il diritto di aver modo di riguadagnare la fiducia.
Il futuro vivrà sulle mie esperienze e spero solo di poter, un giorno, liberare gli angoli del cuore dalla polvere del tempo e riempirli di nuovo di fantastiche emozioni, energia per un cuore che mai smetterà di battere per esse e per la vita
Il giorno della realizzazione dei nostri sogni sta arrivando.
Fatevi forza, ragazzi! Loro sono a un passo da noi che ci aspettano.
 

giovedì 26 settembre 2013

Chi siamo e cosa siamo?

Pubblicata nel sito di 'Carte sensibili'

Alla domanda chi e che cosa siamo noi un vecchio saggio rispose così:- Siamo la somma di tutto quello che è successo prima di noi, di tutto quello che è accaduto davanti ai nostri occhi,di tutto quello che ci è stato fatto. Siamo ogni persona, ogni cosa, la cui esistenza ci abbia influenzato, o che la nostra esistenza abbia influenzato, siamo tutto ciò che accade dopo che non esistiamo più e ciò che non sarebbe accaduto se non fossimo mai esistiti.-

martedì 24 settembre 2013

Silenzio

Dal gruppo dell'Accademia del silenzio di Anghiari



Ben oltre le idee
di giusto e di sbagliato
c'e' un campo.

Ti aspettero' laggiu'.



Jalaluddin Rumi

( poeta e mistico persiano - XIII secolo)

 

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lunedì 23 settembre 2013

Pillole di saggezza



Se anche nel pieno della confusione generale stai cercando di

scoprire quello che è giusto, in mezzo a persone che non sanno

più distinguere il bene dal male, allora hai già fatto molto"

- Olavo de Carvalho

(giornalista brasiliano nato 1947)

giovedì 19 settembre 2013

Emozioni

Ricevuto da Leonora Cupane, docente meravigliosa  incontrata ad Anghiari

Vedere un mondo in un granello di sabbia,
e un cielo in un fiore selvaggio.
Chiudere l’infinito in un palmo di mano
e l’eternità in un’ora.
William Blake (1757-1827)
 
Trovo incredibile che le emozioni degli esseri umani siano sempre le stesse attraverso il tempo

Perché si scrive?

Da Anghiari, sede dell''Accademia del Silenzio' vi porto questo frammento

Perché si scrive?
Perché si scrive? La domanda, inevitabile, ritorna sempre, anche se si cerca di evitarla (…) Del resto le risposte possibili sono tutte plausibili senza che nessuno davvero lo sia. Si scrive perché si ha paura della morte? E’ possibile. O non si scrive piuttosto perché si ha paura di vivere? Anche questo è possibile. Si scrive perché si ha nostalgia dell’infanzia? Perché il tempo è passato tropo in fretta? Perché il tempo sta passando troppo in fretta e vorremmo fermarlo? Si scrive per rimpianto, perché avremmo voluto fare una certa cosa e non l’abbiamo fatta? Si scrive per rimorso,  perché non avremmo dovuto fare quella certa cosa e invece l’abbiamo fatta? Si scrive perché si è qui  ma si vorrebbe essere là? Si scrive perché si è andati ma dopo tutto era meglio se restavamo qui? Si scrive perché sarebbe davvero bello poter essere qui dove siamo arrivati e allo stesso tempo essere ancora là dove ci trovavamo prima? (..)

Antonio Tabucchi, ‘Di tutto  resta un poco’

 

lunedì 2 settembre 2013

Isabella dalla Tanzania


Qui è inverno e fa ..caldo.
 
 
Ancora non sono iniziate le grandi piogge. Il gruppo di ragazzi italiani ci ha appena salutato e già sono alle prese con l’arrivo delle nuove ragazze per il prossimo anno accademico: e con queste fanno sette! Per questo ho dovuto affittare un’altra stanza a piano terra e un bagnetto che va bene per un’etnia di Puffi e non di Bantu..le tre ragazze che vivono con me e Luciana hanno finito gli esami e sono andate via proprio il giorno prima dell’arrivo del gruppo

Questo è sempre più il Paese dell’imprevedibile: ho imparato che la Divina Commedia e Paulo Cohelo sono fra i classici della letteratura inglese ma probabilmente sono sottigliezze … sto tentando di allestire una piccola biblioteca e i miei soli 96 volumi girano parecchio così che sembrano di più..e per questo mi ‘occupo’ di letteratura inglese.

Ho ripreso ad insegnare al mio corso quadrimestrale di psicologia, che però, quando ho avuto il calendario delle lezioni, ho scoperto durare tre mesi (ma si chiama quadrimestrale) e da un po’ insegno italiano ai seminaristi, con frequentanti che variano da 4 a 16 e di solito non sono gli stessi studenti. Per fortuna s’arrangiano con Google translator ma devo essere un fenomeno se imparano qualcosa: attualmente sanno presentarsi, i giorni della settimana (ma non in ordine) e i nomi dei ruoli dei calciatori, anche se, in un’ipotetica formazione tipo, i miei studenti m’han fatto togliere Balotelli e mettere Matri: o son tanzano-juventini o non so cosa pensare! Per il resto si va. Continuano i lavori di costruzione dello studentato e le attività coi ragazzi: visita e servizio al lebbrosario e film: la colonna sonora di Sister Act è stata introdotta a grande richiesta fra i canti della preghiera del vespro, ma non ditelo troppo in giro! Riprenderò presto la mia attività cinematografica al villaggio (ora che, dopo il furto dei pannelli solari, è arrivata la corrente elettrica)

Ho fatto anche la disegnatrice di partecipazioni di matrimoni e consulente d’orecchini: tutti gli italiani, com’è noto, mangiano spaghetti e si occupano di moda.

Ringrazio chi mi ha scritto e non ha avuto adeguata risposta: il quasi mese coi ragazzi è stato davvero molto bello ma altrettanto impegnativo, aggiungete poi che da dieci giorni non abbiamo più la corrente tutto il giorno, capite che il rapporto con la mail si era un po’ diradato. Consola il fatto di pensarvi tutti in ferie (è vero?)

venerdì 23 agosto 2013

... la fine

N.B.

Nonostante questo racconto l'abbia scritto minimo 20/30 volte traendone ben chiara la Storia,ogni volta che lo rileggo, il mio senso di colpa ed il silenzio tombale risuona nel mio Cuore.

Consiglio vivamente a tutti i giovani di non scherzare mai con le bombolette di Gas.

Vi raccomando:sono molto pericolose e se avete capito e vissuto insieme a me questa lontanissima Storia Maledettamente Maledetta farete un omaggio a lei  ed aiuterete la Bresciana a toglierle un senso di colpa.

                                                                             Grazie ragazzi

                                                                               La Bresciana

     (b) 31/06/2013

domenica 28 luglio 2013

Una storia Maledettamente Maledetta: quasi la fine


... segue

III°CAPITOLO

 

         "E LA CHIAMANO ESTATE

           QUESTA ESTATE SENZA TE"

 

Quella notte M. T. come suo solito andò in paradiso con la sua bomboletta di gas........Nessuna di noi ebbe la percezione,il dubbio, che il mattino seguente ci avrebbe svegliato un silenzio tombale.

ore 06.30 del maledetto mattino seguente dove T. non fece più ritorno dal carcere di V.

Davanti alla sua cella n.°14 aperta. giaceva con la testa e le mani nel bidè,e tre cm. di acqua erano sparsi nella sua toilette.

"Miserere,tutte insieme pensammo,ma perché non abbiamo parlato,detto?"

L'intervento dei Dottori,degli Infermieri, la concitazione dell'Ispettore,del Capoposto,del" Magistrato"non poté far nulla,ciò che era in loro dovere e potere purtroppo.

Solo il decesso di M. T,Ma t;  una bara di color grigio metallo, M.  con il suo tormentone e  la sua papalina di cotone bianca.

Ci fu un silenzio totale tra noi detenute durato una settimana. Quanti sensi di colpa per non aver chiamato i soccorsi... in parte me li sento ancora.

Cambiarono alcune regole nel Penitenziario di V.

1°Ritirarono i fornellini. ,ogni sera alle 19.30 e alle 8.30 li restituivi

2°la terapia fu data a vista.

Il penitenziario per tutelarci fece di tutto. Le vie per la salvezza,ora erano solo in mano nostra

M. T. .......andò in paradiso con la sua papalina bianca di cotone ed ancor oggi la sento dire :

"Se non sono riuscita a volermi bene IO Voletevene bene voi anche per me."

Le dedico una canzone del grande Luigi Tenco "Ciao Amore ....Ciao Amore..."

IO l 'ho modificata mantenendo il rispetto del grande autore

        "CIAO M.T.......CIAO M.T. ….CIAO M.T. CIAO"

                                                                                        La Bresciana

Bologna 21/05/2013

... ma c'è una postfazione

venerdì 26 luglio 2013

Una storia maledetamente maledetta


 (segue)

II° CAPITOLO

M. T. con il suo tormentone sotto quel sol Leone, Agosto, "Voglio andare al Processo abbronzata e con  la mia papalina bianca di cotone"

All'avvenuta ora della chiusura delle celle,lei immancabilmente verso le 21 iniziava e reiniziava la sua ekstasy.Tutte noi sapevamo ma ognuna nella sua cella, poteva fare ciò che gli pareva o voleva in segreto dalla sorveglianza del Penitenziario. I controlli non erano ne rigidi,ne le agenti troppo insistenti:eravamo una sezione di deficienti, No scusate! tossicodipendenti.

 
(segue)

martedì 23 luglio 2013

Dal carcere, una storia a puntate


"UNA STORIA MALEDETTAMENTE MA LE DETTA"

LA REALTA' O LA SI GUARDA INFACCIA O SI STA IN UNA BOLLA IRREALE PER SEMPRE.

 
 
    "MI CHIAMO M. T."
 
Questa è la vera storia di M. T. 35 anni di Milano ex Detenuta nella Casa Circondariale di V.,trovata in possesso di una borsa, contenente un po’ di ferraglia:due o tre pistole,2 fucili e delle munizioni ad uso improprio di rapine.

Altezza mt 1,80,occhi marroni,peso 85 kg.,capelli castani......abbronzata,con la sua inseparabile papalina bianca di cotone.

 

     1°CAPITOLO 

Sono la Bresciana testimone di questo racconto.

 Nel maggio del 1996 anch'io "reclusa" nello stesso luogo per spaccio di 5 grammi di eroina,condannata a 1 anno e 4 mesi, all'epoca tossicodipendente-30 anni- di Brescia.

Il tormentone di quell'anno era la canzone ultima di Freddy Mercury "Radio GaGa",mentre il tormentone di M. T. era:"Voglio andare al processo abbronzata e con la mia papalina di cotone bianca."Non è mai stata una detenuta nè violenta,nè rissosa;ma la sua mole creava un pò di timore per chi non la conosceva.

M. T. aveva la brutta abitudine di respirare il gas,del fornellino pic nic che ogni detenuta aveva.

Eravamo all'epoca in 60 detenute suddivise su due piani, la maggior parte tossiche-alcoliste, il massimo delle pene erano da 5 a 6 anni.

Le celle erano aperte dalle8.30 alle  19.30 e due stanze ai lati della "sezione"adibite per la socialità,fono,frigo,stenditoio ecc. Mai ci furono baruffe o pregiudizi tra di noi!

Naturalmente non tutti i giorni,erano i nostri umori,sereni,ma avevamo adottato l'esprimere il proprio stato d'animo all'altra,in modo da evitare parole in più. I pettegolezzi no; non erano insiti in noi. Solo esisteva il discorso che se Una non apprezzava l'Altra, la conclusione era di non parlarsi,non considerarsi. Fine.IO parlavo con tutte invece.

Ma ritorniamo a Tatone che è la mia più gran ragione di questo racconto. Male detta mente Maledetto.

La famosa bomboletta del gas,si diventerà famosa!,che IO,Lei ed un'altra detenuta di 26 anni,usavamo "maldestramente". Il procedimento era semplice,le conseguenze erano catastrofiche..............Aspirando con la bocca il gas,le conseguenze erano ekstasy, musica tecno e poi e poi un finale di uno svenimento psicofisico.

Dal Paradiso –al-Purgatorio-all'Inferno era ogni boccata. La prima sensazione era quella di un'enorme risata in  comune AH!AH!AH!. In seguito le orecchie,il suono delle sbarre di ferro rimbombava così:BOM!BOM!BOM! BANG!BAANG! UAU! UAU! UAAAAU! ed infine lo svenimento che a turno avevamo. Due (le più esperte) aiutavano l'altra a riprendersi, IO ero la più dispersa ,inesperta,fragile ed ignorante.

 (...) segue

lunedì 15 luglio 2013

Da Mirella, il buio su Monte Sole


Il buio su Monte Sole

 
E’ il titolo di una mostra fotografica che ho visto ieri a Gaggio Montano. Quando sono entrata ed ho cominciato a guardare quegli scatti in “bianco e nero” ho sentito entrare in me lo stesso gelo che sentii quando entrai a Mauthausen.

L’ “orrore”,  Monte Sole, un nome così solare, violentato da uno sterminio che sembrerebbe non avere nulla di umano, ma che purtroppo umano è.

L’artista, che non si può chiamare “fotografo”, ha cercato di fissare momenti di luce appena filtrata da nembi neri incombenti sui vari angoli, su ruderi, pietre immobili che urlano gli orrori che hanno visto, testimoni silenziosi di ciò che avvenne nel lontano 1944. Anche la neve non riesce ad essere bianca, anzi si scioglie per scoprire le pietre sotto.

La luce la si indovina quasi come un addivenire, uno stimolo a vedere con gli occhi di un cuore che rifiuta non solo questi eventi ma anche le guerre e gli odi che le hanno generate.

Alla fine un pensiero, queste sono testimonianze che non possono scomparire e uno Stato che si rispetti dovrebbe salvaguardarle come testimonianza del prezzo della nostra libertà………. invece le pietre sono sempre meno e rischiano di essere sotterrate dal tempo e dall’oblio.

Non succeda mai che i nostri giovani non conoscano questa storia. 

 

venerdì 12 luglio 2013

Da Carla, amica di Anghiari, un testo molto attuale

 
 
Canzone del carceriere - J. Prévert

Dove vai bel carceriere
Con quella chiave macchiata di sangue
Vado a liberare la mia amata
... Se sono ancora in tempo
L'avevo chiusa dentro
Teneramente crudelmente
Nella cella del mio desiderio
Nel più profondo del mio tormento
Nelle menzogne dell'avvenire
Nelle sciocchezze del giuramento
Voglio liberarla
Voglio che sia libera
E anche di dimenticarmi
E anche di lasciarmi
E anche di tornare
E di amarmi ancora
O di amare un altro
Se un giorno le va a genio
E se resto solo
E lei sarà andata via
Io serberò soltanto
Serberò tuttavia
Nel cavo delle mani
Fino alle ultime mie ore
La dolcezza dei suoi seni plasmati dall'amore.

martedì 9 luglio 2013

Campanilismo o grande amore?


Da Mirella
 
Io nella mia città ( se non è campanilismo questo?)



Via Ugo Bassi, sopra al bar Scaletto, ultimo piano, c’è la clinica privata del dr. Vigorelli, ginecologo, sono le 23.45 di martedì 26 novembre 1940, lì ho iniziato il mio viaggio, senza sapere di essere nella città più bella e simpatica che io conosca, Bologna.

Proseguo quel viaggio all’interno della mia città, ricordando:

La Bolognina, dove ho abitato per 18 anni, in via Franco Bolognese: i miei incontri con i luoghi che conosco, conoscevo,  come le mie tasche; prima in compagnia dei miei genitori, poi con la mia amica, i miei amici, mio marito ed i miei bambini.

Le scuole Cappelletti dove ho imparato ad amare la scuola. a 50 metri da casa mia; Via Tibaldi, dove abitavano: la nonna Virginia e le zie, dove andavo a giocare, prima sulle macerie della guerra, poi nel cortile ripulito, con i coetanei; Via Calvart dove c’era la fabbrica di mio padre, andavo nella pista che gli operai mi avevano predisposto perché potessi girare con la bicicletta senza pericolo; la parrocchia dell’Arcoveggio dove ho fatto la comunione, ma non l’ ho frequentata molto, li  non avevo amiche, preferivo andare al Sacro Cuore, c’erano le suore dove andavo ad imparare a ricamare, durante le vacanze.

Gli anni passano, iniziano le medie, vado a scuola in centro, in tram, a volte appesa fuori, era quasi un divertimento, a volte a piedi, in particolare quando c’era la neve ed il tram non andava; in compagnia della mia fedele amica, quante chiacchiere e quanti sogni, passando sul ponte della ferrovia; ci piaceva aspettare il passaggio di un treno a vapore per farci avvolgere dalla nuvola del fumo.
 
La Montagnola, luogo sicuramente più sereno di ora; quando non era tardi, ci sedevamo sulle panchine sotto agli alberi, poi via Indipendenza, Via Montegrappa fino a via Maggia dove frequentavamo la scuola media Gandino. Preferivamo via Indipendenza, via Marconi era troppo moderna, ed in via Indipendenza c’erano molte sale cinematografiche, l’Arena del Sole – il Metropolitan – il Fulgor ( dove al mattino della domenica proiettavano gli spettacoli per i ragazzi) e poi c'erano vetrine a non finire.

Le “mistocchinare” agli angoli delle strade ( grande attrattiva per Gabriella, la mia amica, non per me) davano una nota caratteristica nei mesi di inverno.

A tarda sera, anche nelle fredde notti d’inverno, all’uscita dalle sale cinematografiche o teatrali più rinomate, un piccolo grande vecchio, “la coscienza della città” – Padre Marella, che con tanta umiltà raccoglieva per i suoi ragazzi, la sua “città dei ragazzi”, a volte donava un sorriso, a volte vinto dalla stanchezza sembrava non accorgersi, ma c’era sempre un “grazie”, quando ti allontanavi, dopo avere lasciato cadere qualche moneta nel suo cappello.

Spesso andavo a passeggio in centro, mi piaceva vedere gli  angoli più caratteristici e antichi della città, luoghi dove avevano vissuto i miei nonni, Via Nosadella – Ca’ Selvatica – Via Zamboni. Un giorno, andai con amici a mangiare da Lamma, luogo caratteristico per noi studenti dell’ l’epoca. Era vicino a Via dell’Inferno, al Ghetto Ebraico e zone limitrofe.  Orgogliosa del mio giro, al rientro, come al solito raccontai a mia madre dove ero stata, anche in Via dell’Inferno e...
mi arrivò, prima, un sonoro ceffone, poi la spiegazione del perché,:non dovevo andare in quei luoghi; vi erano state tante case di tolleranza,  ma la legge Merlin era già stata approvata da anni ed il luogo era diverso da quello di una volta.

Altri ricordi: le scalate alla torre Asinelli, con la speranza di vedere il mare, ma si era comunque appagati da un panorama mozzafiato, non solo per i 97 metri di scalini, ma per quello che si vede di lassù, il cielo è più vicino e la città dai tetti rossi è ai tuoi piedi ; le passeggiate a San Luca, come in quella mattina con la scuola, quando andammo ad assistere all’eclissi totale di sole, il freddo ci penetrò e il panorama divenne senza colori.

Tante scalate al Colle, ma che fatica! 

Le gare di nuoto e corsa allo Stadio Comunale, per i tornei scolastici.

D’estate quando andavo in vacanza, sempre dai parenti a Genova, era una grande festa, ma al ritorno, dopo due mesi di assenza,  quando, dal finestrino del treno, scorgevo San Luca, mi batteva il cuore,  sapevo che ero a casa, ero a Bologna.

Via Cesare Battisti, Piazza Calderini i luoghi dove ho frequentato le scuole superiori, le lunghe camminate sotto al Pavaglione, i pomeriggi all’Archiginnasio a studiare, le  visite alle librerie Nanni e Cappelli alla ricerca dei “Bignami” che ci aiutavano a riassumere le materie studiate e le soste sul “Crescentone” la nostra meravigliosa Piazza Maggiore, qualche foto, ed il povero Nettuno, quante vestizioni in occasione della Festa delle Matricole!  Ricordo una volta, gli avevano messo un bikini bianco a pallini rossi.

Per vicissitudini famigliari a 18 anni ho lasciato la Bolognina, e ci siamo trasferiti fuori porta Saffi, di fronte all’Ospedale Maggiore, una Bologna più anonima e moderna, mi piaceva meno, ma dove c’è la famiglia c’è casa.

A volte, rare, andavo sul greto del fiume Reno,  che era molto più limpido di ora, a prendere il sole, ma non osavo entrare in acqua, avevo paura.

Dopo il diploma, dopo una parentesi di circa un anno durante il quale ho lavorato in centro città, ho trovato lavoro vicino all’aeroporto, ma, nel frattempo, avevo anche trovato marito, e non avendo più nessuno della mia famiglia, mi sono trasferita alle Due Madonne, dall’altra parte di Bologna.

Un’ ora per andare al lavoro, quattro volte al giorno, quattro ore di autobus e tanti  libri letti.

Sono arrivati i bambini, quindi nuovi itinerari, passeggiate in collina, al parco Talon, villa Ghigi, al Carnevale dei Bambini ai Giardini Margherita, passavo con loro dei sabati molto intensi, dovevo recuperare il tempo che mi mancava durante la settimana, ma ormai mi ero emancipata avevo preso la patente e Giampaolo si era dato da fare per trovarmi una “500”, era azzurra con il tettuccio nero, favolosa.

L’auto negli anni a venire è diventata una parte di me stessa, perché non so come avrei potuto fare: Rita andava a pattinaggio, Michele a nuoto, poi il catechismo, prima dell’uno, poi dell’altra, le scuole elementari alle Viscardi, le Medie alle Farini, le superiori, uno alle Aldini l’altra alle Sirani. Di corsa sempre attraverso la mia Bologna, che cambia e quasi non me ne accorgo, non più passeggiate in centro, la domenica si passa in casa a fare quei lavori che durante la settimana non si riescono a fare; i ragazzi sono cresciuti e le passeggiate le fanno con altre compagnie…………e poi si sposano…………. 

Gli anni passano, inesorabili e non capisco come mai sono tornata alle Viscardi, dove avevo cominciato a portare a scuola i miei bambini,……………. di fianco a me, per mano una testolina dai riccioli neri, un cicaleccio continuo mi racconta la sua giornata e………. mi chiama “nonna”; anche l’auto, la mia fedele amica,  è cambiata, e per tornare a casa  attraverso tutta la città. Ora sto in provincia, in campagna, è bellissimo,  mi hanno detto che sono “emigrata”, ma io sono e sarò sempre una cittadina di Bologna, una “bolognese doc” ovunque mi troverò.