sabato 2 giugno 2012


Il terremoto



Si diceva, “Oh! il terremoto!”

La risposta era , “ Non temere, in Emilia non succedono disastri”

“Ma del ’29?”

“Anche allora comignoli, paura, ma non disastri”.



Ore 4.01 del 20 maggio 2012, un rumore  ci sveglia.

Il rumore si tramuta in cigolii, scosse, si aprono gli armadi.

“Il terremoto!!”

Io e Giampaolo ci prendiamo per mano.

“Sta per finire.”

“Ma com’è lunga!”

Se da noi è così forte chissà sull’epicentro che disastro.

Ci alziamo, il primo pensiero va ai nostri ragazzi.

Partono le telefonate.
Non siamo tranquilli.

Ii vicini scendono in strada,.

Un’altra scossa e scendiamo anche noi.

Dopo un’ora si rientra tutti.



Accendiamo le televisione,

Cominciano ad arrivare le prime notizie.

L’epicentro è a 30 km circa da noi……..
Pensiamo ancora che qui in Emilia non possono succedere cose gravi, con tutti i castelli vecchi anche di 600 e più anni ancora lì.

No! no!

Torniamo a letto, però rimaniamo vestiti. E riusciamo anche a dormire.

La mattina, la radio e la televisione ci fanno vedere  la distruzione nelle nostre terre, fra la nostra gente.

Ha distrutto quelle Chiese e quei Castelli, che pensavamo fossero la dimostrazione dell’elasticità del nostro territorio.

Ha distrutto la produttività della nostra gente.




Ha ucciso gli operai delle nostre fabbriche.



Passano i giorni e  le notizie sono martellanti.

Tante scosse di assestamento ci tengono all’erta. Ma pensiamo ad un normale “sciame sismico”.



All’improvviso, alle 9.01 del 29 maggio una “bomba” identica a quella del 20 ci scuote nuovamente.

Io sono in ufficio. Giampaolo a casa.

Ci cerchiamo subito e ci tranquillizziamo.

Ma i cellulari non funzionano e non trovo i ragazzi,
Poi finalmente riesco a parlare anche con loro e con Elena.



Questa ripetitività ci allarma.

Mi accorgo di essere sempre in un po’ allerta.

Ho attaccato un ciondolo, con un filo, al lampadario perché penso che sia il primo ad avvertire le scosse e mi scopro a scrutarlo spesso.
Le trasmissioni televisive sono in collegamento continuo.

Non vorrei vedere ma non riesco a staccarmi da quelle immagini: paesi, che erano delle piccole capitali, distrutti, piccoli gioielli del medioevo che forse non rivedremo più.


E quelle vite stroncate dalla necessità e dalla volontà di lavorare e di ricominciare a vivere nella normalità:
l’Emilia è in ginocchio. Ma quando i ginocchi toccano terra possono darti l’appoggio per rialzarti.



Mirella




Nessun commento:

Posta un commento