Cronache del nostro viaggio in India (seconda parte)
Mumbai, 16 -23/01/2010
SABATO 16/01/10
Siamo in viaggio tra ritardi,
code affannose, spifferi in aereo: non sono ancora entrata nell’atmosfera di
questo viaggio, di cui invece non vorrei perdere neanche un attimo perchè so
che potrà essere un’esperienza straordinaria.
Chi l’avrebbe mai detto che avrei
affrontato un’avventura come questa in compagnia della mia amica- complice di
sempre? Mi manca solo la presenza di Giulio.
Siamo in aereo e mancano ancora
ore. Deepak ci ha raccontato alcuni ricordi dei suoi primi 8 anni di vita
presso le Missionaries of Charity di Madre Teresa che ogni tanto lo mandavano
al lebbrosario dalla suore, che ancora sono lì. perché era un po’ irrequieto:
una volta aveva persino cercato di “costruire” una piscina nel dormitorio,
raccogliendo secchi di acqua piovana e buttandoli per terra….Sister Lucia
ancora lo chiama “il suo Principe”.
Arrivo all’aeroporto di Mumbai.
Manca la mia valigia! Non è un buon inizio ma cerco di prenderla bene: mi serve
a fare un po’ esperienza di povertà, per sentirmi meno a disagio tra questa
gente. Conosco Suor Lucia: piena di vitalità e allegria.. Deepak è al settimo
cielo; fa piacere vederlo. Arriviamo al Vimala Centre e ci sistemano in due
camerette pretenziose e spartane allo stesso tempo. Inaspettatamente abbiamo il
lusso del bagno in camera (ma non entro in dettagli). Il traffico all’una di
notte per arrivare qui è spaventoso: intenso e indisciplinatissimo, a cui si
aggiunge la guida a sinistra per frastornarmi ancora di più. Però è buio e non
mi rendo ancora conto di come è la città. L’ingresso al centro Vimala è molto
decoroso.
DOMENICA 17/01/10
Colazione e poi a messa nella
chiesa parrocchiale attigua alla Casa della Carità. Bei canti (di cui uno ho
trascritto più avanti perché mi ha molto colpito).
Grande maggioranza di donne a
messa. Poi visita alla casa della carità. Tutti molto ospitali, specie Suor
Annamaria che ci fa visitare tutto. Hanno 36 ospiti più una scuola per 50
bambini disabili (12 sono i loro, più gli esterni) Cappella grande, molto
sobria ed elegante con un’icona fatta da un italiano (anche qui al Vimala la
cappella, molto più piccola è carina e soprattutto la parete di fondo, in pietre
grigie irregolari su cui è tratteggiato il planisfero e al centro c’è un
crocifisso che sembra abbracciare tutto. Però alla base dell’altare sono
rappresentati i simboli delle varie religioni, tra cui l’OM dell’induismo e la
luna e stella islamiche: un po’ inquietante). Torniamo al centro attraversando
il villaggio di Versova. Suor Lucia ci spiega che lo slum è stato abbattuto e
sono stati concessi appartamenti negli enormi edifici che stanno costruendo, ma
i vecchi abitanti dello slum hanno preferito i soldi all’appartamento e sono
andati a creare un altro slum altrove perché sono abituati a vivere in strada.
Tutto molto sporco, e c’è un contrasto enorme con come sono disposte le merci,
specie verdura e frutta sulle bancarelle: tutto perfettamente allineato, come
se fossero costruzioni di Lego e con un effetto cromatico bellissimo perché
ogni ortaggio/frutta con il suo colore forma una piramide accanto agli altri di
altri colori. Traffico a tutte le ore, clacson continuo, rickshaw (Ape nero con
capottina ripiegabile nera o gialla),
Pranzo con le suore e una signora
italiana che tutti gli anni viene qui a lavorare nella sartoria per poi fare un
mercatino di beneficienza a Ravenna, Due carrelli di cibo, uno occidentale con
pasta, pollo, patate e l’altro indiano con riso e salse piccanti più yogurth.
Tanta verdura e frutta, tra cui papaia e chiku (simile alla nespola). Qui hanno
80 pazienti nel lebbrosario e 70 bambine
(figlie di lebbrosi + orfane). Non abbiamo ancora visitato la struttura: lo
faremo domani. Dopo molte decine di anni mi è tornata in mente la Signorina
Benfenati, un’istituzione della parrocchia di San Gregorio e Siro che quando
ero bambina si appostava alla porta della chiesa alla fine di ogni messa per
raccogliere fondi per i lebbrosi ed era totalmente votata a questa causa con
una passione che io trovavo assolutamente folle. Oggi penso che invece non lo
fosse affatto e tutta la sua foga di allora mi diventa importante nel ricordo.
A tavola Deepak e Suor Lucia hanno ricordato alcuni
episodi dell’infanzia di Deepak, oltre a quello della piscina. Lui cercava di
compiere delle marachelle perché le suore di Madre Teresa, dove viveva, lo
mandassero “in trasferta” qui al Vimala. Una volta aveva costruito una piramide
di materassi e mobili vari per poter raggiungere la cima dell’armadio dove le
suore tenevano i giocattoli…Quando siamo stati in India (Giulio ed io) , alcuni
anni fa (Dehli e dintorni) mi ero sentita veramente male (albergo lussuosissimo
per il convegno di Giulio con servitori in livrea ad aprirti lo sportello e
perfino il rubinetto in bagno). E tutti i mendicanti insistenti sempre addosso.
Avevo pensato di non tornarci mai più, invece eccomi qui. Però, per lo meno,
ora non sono dall’altra parte”, nell’hotel sfacciatamente lussuoso, e stamattina
non siamo stati assaliti dai mendicanti (forse la presenza di Suor Lucia e di
Deepak che è Indiano ci ha “riparato” e forse in questo quartiere che non è
certo turistico la gente non chiede l’elemosina perché non pensa di poterla
ricevere. I rumori caratteristici: traffico, cornacchie, cani, muezzin
registrato 5 volte al giorno.
Sul muro dell’edificio è scritto:
“Smile a lot. It costs nothing” e un lebbroso anziano ci sorride
dolcissimo. Il mattino dopo Deepak ci dice di voler aderire a questo invito e insieme, tutti e tre,
promettiamo di sorridere sempre. A me riesce difficilmente.
e scopriamo che è distante 500 m. dalla casa! Oggi è
una giornata molto limpida, non il caldo afoso di ieri notte e la vista è
straordinaria: il sole infuoca l’acqua e sullo sfondo a sinistra tutto lo
skyline di Mumbai: grattacieli che in lontananza sembrano bellissimi. Poi lo
sguardo va più vicino e sulla riva vedi migliaia e migliaia di sacchetti di
plastica e altri oggetti non identificati! Passeggiamo lungo la spiaggia di
sabbia fine, insieme a tanti Indiani che passano così il pomeriggio della
domenica (anche se la domenica qui non è generalmente festa, visto che la
popolazione cristiana è attorno al 2%), Molti ragazzi giocano a pallavolo, a
calcio, a cricket. Gruppi di uomini, pochissime coppie, alcune coppie di maschi
che crediamo omosessuali perchè mano nella mano (ma poi impariamo che qui usa
così tra uomini), ma niente gruppi di donne o ragazze. Chissà qual è il ruolo
della donna nella filosofia hindu. Chiediamo poi a Suor Lucia ci spiega che la donna per gli
Indù non vale niente, si deve solo sposare
e fare figli o la vita per lei è impossibile. Sentiamo un fortissimo
odore di pesce e vediamo un enorme essiccatoio: decine e decine di metri di un graticcio di legno a cui sono
appesi pesci a seccare. Alcune cornacchie ne approfittano nonostante i pezzi di
plastica che svolazzano messi lì per tenerle lontano, Al Vimala vediamo una
quindicina di bimbe che giocano a calcio scalze nel cortile (pieno di cacche di
cornacchia). Sono molto belle, avranno dai 5 ai 10 anni, con vestitini molto
femminili, che contrastano con i piedi nudi, il selciato sporco e il gioco del
pallone. Decidiamo che nei prossimi giorni ci fermeremo a giocare con loro.
Tutti sono molto socievoli e sembrano felici di vederci.
Specialmente le
bambine hanno dei sorrisi stupendi. Il centro è composto da una serie di
edifici bassi, semplici e molto decorosi. C’è un giardino grande e ben tenuto
con alberi e piante tra cui tante stelle di natale rosse, alte più di un metro,
Alla sera arriva un gruppo di italiani (di vicino a Milano) che sono stati nell’Himalaya
e poi ci sono altre due signore italiane che si fermano per mesi ogni anno:
Flaminia di Varese che ha costituito una O.n.l.u.s e ha realizzato tanti
progetti in questi decenni e Liù di Ravenna, che lavora nella sartoria qui al
Vimala, dove fanno manufatti mirabili che poi vendono due volte l’anno in un
mercatino di Ravenna. Ci raccontano tante loro esperienze. Hanno la nostra età
o più e sono molto “avventurose”.
“In His time, in
His time he makes all things beautiful
in His time.
Lord, please show me
everyday, as you’re teaching me your way,
that you do just what
you say in your time.
In your time, in your
time you make all things beautiful in your time.
Lord, my life to you I
bring with its winter and its spring,
May I fathom
everything in Your time.
There’s a time.
There’s a time
Both for sowing and for reaping there’s a time.
Time for losing, time
for gaining, time for joy and time for pain;
every purpose under
heaven has a time,
There are times, there
are days,
weeks and months we cannot understand God’s
ways.
If for years we fail to scan what is his
eternal plan,
we’ll remember that he
can, all the time!”
LUNEDI’ 18/01/10
Rido come una pazza per la
battuta della Cristina, non intenzionale, che mi chiede di aprire la porta per
vedere se hanno consegnato la mia valigia davanti alla porta della camera. Le
ricordo che non siamo all’Hilton e vado al cancello per vedere se fosse arrivata ma non c’è. Dopo tante
telefonate a vuoto riesco a contattare l’aeroporto e imparo che è arrivata là e
me la consegneranno. Infatti, in tarda mattinata arriva, però neanche l’ombra
delle 1000 rupie a cui avevo diritto come indennizzo (meno di 15 euro).
Qualcuno le avrà intascate, ma sicuramente ne aveva più bisogno di me. Suor
Lucia ci porta finalmente a fare il giro della struttura. Prima le corsie dei
lebbrosi, uomini e donne: camere di 5 o
6 letti ciascuna che si affacciano su un corridoio aperto (cioè è come se si
affacciassero tutte su una veranda e ogni camera ha finestre sempre spalancate sui
due lati (quello della porta e quello di fronte), per cui tutto è luminoso e
molto arieggiato. Le persone sono molto serene e contente di vederci, tutti ci
fanno grandi sorrisi. Scambiamo qualche parola con quelli (giovani) che parlano
un po’ di inglese. Hanno spesso i piedi fasciati (per l’insensibilità dovuta
alla lebbra per cui non si rendono conto se si provocano ulcerazioni) e a volte
anche le mani (qualcuno non ha quasi più
le dita) Però non danno l’impressione di sofferenza. Due ragazzine hanno la TBC.
Andiamo poi dalle bambine (figlie di lebbrosi o orfane) che stanno facendo
scuola. Alcune sedute sui banchi, altre per terra. (mi sembra che facciano un
po’ fatica a scrivere). Ci cantano “Fra Martino Campanaro”. Distribuiamo loro
caramelle. Hanno occhi intelligenti e sorrisi bellissimi (come il piccolo Raju
che incontriamo al dispensario e che non sta in piedi. La mamma lo lega a
un’asse verticale per farlo giocare un po’ con la palla). Il refettorio delle
bambine è una sala nuovissima (hanno appena realizzato il piano superiore di
questo edificio) ma senza tavoli né sedie perché mangiano per terra! (come è
uso qui). La cucina è pulitissima. 25 kg di riso stanno cuocendo in una specie
di caldaia con un rubinetto in basso per recuperare l’acqua piena di amido in
cui è stato cotto il riso e che serve per le fasciature dei lebbrosi (per
rendere le fasce più rigide). Sul tetto dell’edificio c’è il lavatoio e lo stenditoio dove le
ragazzine lavano a mano lo loro roba. C’è però al Vimala anche una
lavanderia con una grossa lavatrice per
i lenzuoli ecc. Conosciamo un medico di Ragusa che visita i pazienti (vive qui
e ha sposato un’indiana). Visitiamo anche il laboratorio di sartoria dove Liù
fa la volontaria. Due ragazzi cuciono. Le sete sono molto belle, colorate e la
lavorazione è raffinata.
Suor Bertilla dirige la sartoria. E’ la superiora, ma
ora non c’è così io non la posso conoscere. Più tardi andiamo con Liù in un
negozio di sete e la Cristina compra la seta bianca che le serve per il
vestitino di Battesimo di Ester, sua futura pronipote. Seta bianca liscia sotto
e sopra un toulle con ricami di fiori bianchi e perline. Magnifica. Il taxi che
ci ha portato, aspettato per più di un’ora
e ricondotte al Vimala ci chiede 170 rupie (Eu 2,55). Chiedo a Deepak di fare
sempre lui le foto perché odio girare con la macchina fotografica e poi non
sono capace. Riprende un ragazzo che si
arrampica su una palma di 15 metri come fosse una scimmia, scalzo ma con
il casco e il machete per prendere le noci di cocco che qui usano per cucinare.
Noi mangiano con le Suore (8
indiane + suor Lucia) e gli altri ospiti italiani. Il cibo è ottimo e
variatissimo. Con tantissime verdure. E anche cose italiane: formaggio, salame
che io però evito! Oggi pomeriggio alle 5 deve arrivare Gerry Pinto, la persona
attraverso cui la Cristina ha conosciuto le suore dell’Immacolata e Deepak.
Gerry si rivela una persona eccezionale. Mi colpisce come mi ha colpito suor
Annamaria della Casa della Carità. Speciale. Ha cominciato a frequentare il
lebbrosario 30 anni fa, a 20 anni, portandoci anche il fratellino Ralph di 10 e
condividendo la vita con i lebbrosi (malattia che, specie allora, portava
all’isolamento anche dai propri familiari). Sua moglie Judith non è venuta perché impegnata. Insegna alle elementari da
23 anni, ha una classe di 70 bambini, lavora dalle 12,30 alle 18,30 (+ tutto il
resto che fa un’insegnante) per l’equivalente di 300 dollari al mese. Ma le
piace! Gerry ci invita a cena e promette anche di accompagnarci al mare
mercoledì a vedere le barche dei pescatori che tornano cariche di pesce. La
sera vediamo le bambine più grandi e mi scambiano per la regina Elisabetta!!!
“Marani Elizabeth”: seriamente pensavano che lo fossi.
Dicono che sono identica
a un’immagine della regina che è sui loro libri. Penso seriamente che dovrei
ritingermi i capelli!!! Spiego loro che ero mora come loro ma non ci credono.
Faccio vedere la foto sulla carta d’identità. Alla fine si convincono che non
sono la regina.
Sono piena di ponfetti
dappertutto. Mi sa che ci fosse una bestiola (o più di una) sul lenzuolo.
Stasera finalmente posso usare il sacco a pelo che avevo nella valigia e mi
sento più sicura. Stasera entrano 6 nuovi lebbrosi (4 uomini e 2 donne) mandati
dalle suore canossiane.
MARTEDI’ 19/01/10
Partenza per Bombay/Mumbai in 2
taxi. Io con Flaminia di Varese, Cristina con Deepak e Suor Lucia. 800 rupie
per un taxi tutto il giorno dalle 8 alle 17 = circa 12 euro. Sono 37 km per
arrivare in centro a Mumbai dal sobborgo di Versova a nord dove siamo noi.
Calcoliamo di partire e arrivare con il minor traffico possibile. Prima fermata
al lavatoio dove centinaia di uomini lavano, in piedi, dentro a vasche in
muratura, tutt’attorno slums. Non è altrettanto orrendo che il Banco di Abidjan
dove le persone erano a bagno nel fiume e ciascuna aveva un copertone d’auto
come postazione e asse da lavare. Si vedono stesi montagne di teli verdi che
Suor Lucia ci spiega essere la biancheria degli ospedali di Bombay che vengono
lavati qui con la lisciva. Tutto veramente “sterile”! Risaliamo sul taxi e
arriviamo alla casa di Gandhi (oggi chiusa per “pest disinfection”, ma ci fanno
entrare lo stesso mentre uno con la mascherina disinfesta. Un odore penetrante)
Vediamo la sala dove riceveva le persone importanti, dove filava, con libri
religiosi di varie religioni tra cui la Bibbia.
Andiamo poi al mercato a comprare
le spezie ecc. Arriviamo sul mare (passando davanti all’imponente Victoria
Station) e vediamo the Gate of India, anche questa segno del potere coloniale
del British Raj. Di fronte c’è l’Hotel Taj Mahal, elegantissimo, dove 12
persone sono state ammazzate due anni fa in un attentato. Entriamo per
usufruire della toilette (all’altezza dell’albergo). Andiamo poi in un negozio
di artigianato locale e dopo al
“Leopold’s café”,
noto in tutto il mondo e citato nel libro Shantaram.
Caratteristico, molto alla buona, pienissimo. Mangiamo benissimo; riso fritto
con pollo, nan, salsina verde, bibite (ottima la mia: acqua gasata con
tantissimo succo fresco di limone) In cinque spendiamo 20 EURO (le porzioni
sono enormi e chiediamo gli avanzi di riso che ci mettono direttamente in un
sacchetto di plastica !(e lo diamo a una mendicante con bambino subito fuori
dal ristorante) Ancora due negozi, uno di borse e foulards (Amber) e l’altro di
gioielli (Popli) entrambi in grande amicizia con Suor Lucia che manda lì tutti
i
suoi ospiti. Dovunque ci offrono
da bere: coca cola, caffè . Al ritorno diciamo i vespri con le suore (mentre il
muezzin dice la sua con l’altoparlante). Le suore indiane indossano il sari.
Sono elegantissime e non si capisce come riescano a fare tutto vestite così,
con il velo appoggiato su un braccio. E’ di un colore che indica che sono
persone consacrate: beige rosato o rosa pallido con il bordo marroncino: In
cappella stanno a piedi scalzi. Questo viaggio è il regalo che la Cristina mi
fa per il mio 60° compleanno: non avrei mai potuto fare un’esperienza così di
vita indiana senza questa occasione straordinaria. Deepak ci prende in giro per
queste nostre esternazioni affettive. Commenta ironico: “Che bel momento
commovente”!!!
MERCOLEDI’ 20/01/10
Qualcosa di nuovo a colazione: cocco tritato: buonissimo!!!
Andiamo alla Casa della Carità:
c’è la Messa, ma in stile indiano. Altare alto 30 cm. Preti seduti all’indiana
tutto il tempo, anche per la lettura del vangelo e la consacrazione. A un certo
punto il concelebrante (che capiamo
subito essere italiano da come legge il vangelo: pronuncia come i miei studenti)
si alza per andare al tabernacolo e lo fa con uno sforzo tremendo perché le
gambe gli si erano atrofizzate per la posizione seduta con le gambe incrociate.
E’ Don Davide, 42 anni, di Fontanaluccia, casa madre delle Case della Carità a
cui il vescovo ha chiesto di venire qui (era parroco a F.) ed è qui solo da
Maggio. E’ contento, E’ uno di quelli illuminati sempre dallo spirito come Suor
Annamaria. Vive in un’altra Casa della Carità, piccolissima, che si trova in
uno slum di Mumbai, circondato da baracche, Non hanno neanche i letti, ma
dormono per terra come gli indiani. Hanno una dozzina di ospiti. E’ con lui un
frate di Reggio. Ci spiega che la convivenza tra diversi qui è generalmente
molto buona. D’altra parte in un paese in cui ci sono 22 lingue ufficiali,
anche molto diverse si impara a convivere con naturalezza. Qui alla Casa della
Carità vengono ad aiutare famiglie Musulmane e Indù, non solo Cristiane.
Visitiamo poi la scuola privata che fa parte della Casa della Carità e che è
frequentata da 52 bambini (ragazzi mentally challenged” tra i 5 e i 18 anni).
12 sono ospiti della Casa della Carità, gli altri vengono dai villaggi qui
attorno, Vengono accolti solo ragazzi poveri con disturbi mentali, per i quali
non c’è scuola statale e i genitori li terrebbero reclusi in casa. Da 5 anni la
retta è sempre di 450 rupie al mese (circa 7 Euro) compreso il pranzo. E chi
non se lo può permettere non paga. La scuola è privata per cui conta sulle
sovvenzioni di sponsor per pagare tutto (insegnanti compresi). (Lo stipendio
buono di un manovale è 5000 rupie al mese = 75 Euro). La preside, Alina, ci
riceve nel suo studiolino e ci racconta tante cose. I bambini cantano, ballano,
fanno ginnastica, uno è al computer aiutato da un’insegnante; altri oggi vanno
alla gita annuale con un pulmino insieme a dei familiari che aiutano perché
questi sono i più gravi e sono tutti da imboccare, pulire, spingere in
carrozzina ecc. All’età di 18 anni devono lasciare la scuola, ma qui hanno
creato un “activity centre” per continuare a seguirli e far fare loro qualcosa.
Per ciascuno c’è un “individual education plan” e il personale ha un training
specifico per seguirli. Insomma, non è un parcheggio. Li vediamo danzare con una bellissima musica e si
muovono armoniosamente; qualcuno muove solo le mani e fa quello che può, ma
molto seriamente.
Torniamo al Vimala e andiamo dal
medico del lebbrosario, il dermatologo siciliano Salafia che diagnostica subito
“pulci del materasso”. Mi dà una crema e delle pastiglie. Suor Lucia viene in
camera e sparge DDT, così oltre alle pulci ci intossichiamo.
Le suore sono molto carine. Oltre
a Suor Lucia (sarda) e Suor Bertilla (la superiora, lombarda, ora assente) ci
sono 8 suore indiane: le due più anziane sono suor Anastasia e suor Lila, due
donnone e poi c’è suor Rosemary, piccolina e le più giovani Cecily (l’economa),
Shanti, Fatima e Prianka che non ha ancora 26 anni; è entrata a 15 ed è suora a
tutto gli effetti già da qualche anno. Ma non ha ancora l’anello che si riceve
dopo 6 anni dai voti. Suor Lucia (e anche un’altra suora) ha un piccolo
crocifisso tatuato sul dorso della mano alla base del pollice. Se l’è fatto
fare qualche anno fa, da un musulmano! Dice che le serve per comunicare con i
giovani.
Al pomeriggio arriva Gerry per
portarci a vedere arrivare le barche dei pescatori. Attraversiamo un villaggio
di pescatori dove non entrano certo i turisti. Tantissima miseria. Poi andiamo
sulla spiaggia: piena di gente. Le donne in sari coloratissimi, gli uomini con
carichi di pesce sulla testa. Ceste di bambù e barili di plastica tagliati in
due usati come contenitori. E poi tutti questi barconi, molto vecchi e
malandati. E chi ripara le vele. Bimbi che scorazzano, bimbe che puliscono i
gamberi, donne che vendono i pesci pescati dai mariti su banchetti improvvisati
alti 30 cm (anche nel giardino del Vimala le panchine su cui spesso siedono i
pazienti sono alte meno di 30 cm ed è veramente scomodo rialzarsi).
Oggi 33 gradi e un pò afoso. Dicono comunque
che questo è il mese migliore.
Faccio un sacco di domande a suor Prianka su
come si indossa il sari, allora lei mi porta in camera sua e me ne fa indossare
uno bellissimo. Difficilissimo da mettere: bisogna fare tante piegature ma poi
con 5 metri di stoffa rigirata intorno al corpo l’effetto è magnifico.
GIOVEDI’ 21/01/10
Programma del giorno:
6:30 Messa qui
9:30 Missionaries of Charity
(quelle di Madre Teresa dove è vissuto Deepak per 8 anni) in rickshaw; poi
Mount Mary (santuario). Pomeriggio visita a un’isola in barcone (Bombay era
costituita originariamente da 7 isole) e poi a cena da Gerry. Mi colpisce
l’atteggiamento di Deepak che si sente a casa in questo centro, in mezzo alle
suore. E’ attento e preoccupato se gli sembra che siano serie; con loro parla
inglese (mentre se ci siamo noi tende a evitarlo), è sempre allegro e ha
un’incredibile capacità relazionale e attenzione per ciascuno.
Continuiamo a intossicarci
spruzzando Autan Extrème agli UFO vaganti per la stanza. Incontriamo Kàlpana
che viveva qui quando c’era Deepak e lo teneva a dormire nella sua stanza, gli
faceva il bagno ecc. Lei lo ricorda benissimo, lui no.
Ore per raggiungere Mount Mary in
2 taxi perché non si trovano rickshaw liberi. E’ un santuario moderno (1904)
molto “celeste”, un po’ pacchiano, ma preghiamo la Madonna e ricordiamo tutte
le persone care. Poi sul lungomare fino alla casa delle Missionaries of
Charity. Uno dei 2 taxisti non si rivela onesto per Suor Lucia per cui ci
stringiamo tutti e 5 (c’è anche Flaminia) + l’autista in una vecchia auto del ‘58 (potrebbe essere una 1100 o giù
di lì). La visita alla casa delle Suore di Madre Teresa inizia male perché
incontriamo persone sgarbate (anche suore) poi invece si rivela estremamente
commovente. Deepak ricorda il cortile, lo scivolo, la camera. Ora hanno 42
bambini, tutti con problemi medici, Per fortuna quasi tutti in via di adozione,
tranne uno , chiamato Deepak, con problemi al cuore. Hanno da 0 a una decina
d’anni. Sono dolcissimi, ciascuno nel suo lettino di ferro perché sarebbe ora di fare la nanna (ma non ne hanno
nessuna voglia). Ci guardano affamati di affetto e basta carezzarli e parlargli
che si abbandonano a te. Mi sento malissimo e penso al nostro Lorenzino
circondato da cure e affetto solo per lui, com’è giusto che sia, e penso ai
milioni di bambini che sono deprivati di questo. E come sempre quest’idea mi fa
sentire impotente e colpevole.
Pomeriggio sull’isola: partenza
con la jeep del Vimala, arrivo sul mare attraverso viottoli larghi massimo 2 m.
(per fortuna abbiamo incrociato solo risckshaw) Poi saliti su un barcone
traghetto (antico) insieme a migliaia di altri (tra cui tanti bimbi di una
scuola, in divisa) Per una cifra irrisoria!
Poi saliamo su un bus, così li
proviamo proprio tutti i mezzi di trasporto. Il bus è anni ‘50, sedie di ferro
scrostato e skai, però c’è la tv, anzi due con schermo piatto. Su quest’isola
ci sono molti alberghi eleganti che si raggiungono, ovviamente in un modo più
elegante, ma soprattutto ci sono slums ributtanti dove non si può credere che
abitino esseri umani tra le lamiere, i sacchi e qualche pietra e tanto, tanto
sporco. Non oso pensare come sia durante la stagione delle piogge. Arriviamo sulla spiaggia con tanti pesci ad
essiccare: quelli sui graticci (come avevamo già visto) e poi invece i
gamberetti direttamente in terra, preda
delle cornacchie. Mi chiedo cosa tirino su quando li raccolgono, Camminando
lungo la spiaggia arriviamo alla zona “bella”, con case , alberghi e tante
palme da cocco. Ci sediamo sugli scogli. C’è sole e brezza e si sta divinamente
se non guardi al di là delle belle case dove si vedono gli slums e al cane
rognoso che vuol farsi adottare da noi. Ritorno in pulman + barca + rickshaw e
immediatamente doccia perché siamo intrise di sporcizia. Doccia è una parola
grossa: se va bene viene giù un filino di acqua, altrimenti si usa il rubinetto
che è a 50 cm di altezza e ci si lava a pezzi. Ovviamente per terra non c’è
scarico (e l’idea del piatto doccia nemmeno lontanamente pensabile) per
cui l’acqua della cosiddetta doccia deve
finire dentro il secchio (e viene poi usata per il water visto che il “flush” è
veramente modesto). Quella che non finisce nel secchio va in giro per il bagno
e lì resta, Ciliegina sulla torta: dal letto intravedo una grossa bestia
strisciante tra la tenda e la finestra: lucertolone o ramarro. Mi dicono che
forse era un geco (ma i gechi non sono così grandi e scuri!!!).
Ci viene a prendere Gerry e ci
porta a casa sua. Non sembra neanche di essere in India quando sei dentro, (In
realtà l’ascensore con cancelletto estensibile e pulsanti antichi ci riporta in
India. La famiglia è deliziosa, molto, molto ospitale, aperta. Molto progressista
e tradizionalista insieme: l’appartamento è intestato alla moglie ed è solo il
suo nome che è scritto sulla targa nel portone sotto, il marito aiuta in casa
(pulisce il piano di sopra prima di andare a lavorare alle 11 –Lei pulisce di
sotto e cucina prima di andare a lavorare alle 12) Però hanno fatto un
matrimonio con vestiti indiani tradizionali (sari rosso e tunica bianca per
lui) mentre qui le spose tendono ad usare il vestito lungo bianco e ricco
all’occidentale, e hanno invitato solo poche persone e non i tradizionali 500
ospiti. Quindi sono un po’ anticonformisti, ma legatissimi alle loro famiglie
di origine e unitissimi. In casa stanno scalzi. Quando arriviamo la tavola non è apparecchiata. Poi vengono
messe delle tovagliette plastificate decisamente brutte mentre l’arredamento è
molto elegante (marmo dovunque, divani in cuoio avorio, tavolo di cristallo,
bicchieri bellissimi) E non ci sono sedie per tutti! Non hanno 8 sedie in una
casa a due piani con 4 stanze da letto e 3 bagni. Per noi è assurdo, ma capiamo
che la sedia è un oggetto ignoto in India, dove preferiscono sedere bassi e
mangiare bassi. Nishka (che vuol dire gioiello) va a lezione fino alle 21:30 ;
qui sembra sia normale. I ragazzi vanno a scuola molto presto la mattina e poi stanno
tutto il pomeriggio e anche la sera spesso, Anche le ragazzine qui al Vimala
sono sempre a lezione o studiano, Non hanno tempo per altro. Simon vuole
entrare a medicina per cui deve avere un voto altissimo all’esame finale (attorno
al 90 su 100) per poter accedere al test di ingresso a medicina (la stessa cosa
che ho visto in Polonia). Sembra che gli studi siano cosa molto più seria che
da noi. A cena: riso basmati, tante verdure in salse varie, tandoori chicken,
kebab, lenticchie ecc. Poi un dolcino costituito da un biscotto con dentro una
strana crema e inzuppato di sciroppo di zucchero. Veramente stucchevole e poi
dei rombi di pasta di anacardi (keshew nuts, buonissimi che abbiamo mangiato
anche come antipasto).
VENERDI’ 22/01/10 ULTIMO GIORNO
Qui oggi al dispensario operano i
poveri di cataratta, ieri invece c’era il dentista, Ieri l’altro il dott. Salafia
operava i lebbrosi…
Liù Veneri e Flaminia Broggini
sono le nostre due compagne di avventura con cui oggi andiamo in un centro
commerciale per gli ultimi acquisti.
Compro un camicione tipicamente indiano
per ricordare questa esperienza e perché mi piace. Andiamo anche a salutare
Suor Annamaria alla casa della Carità che ci ha fatto avere un CD di musica
indiana che la Cristina aveva chiesto. Il bambinetto down, 6 anni, che “dirige”
il coro in chiesa ci accoglie molto contento e a segni ci dice di aspettare e
va a chiamare la suora, Poi però sale sulla nostra macchina, così com’è in
pigiama, perché vuol venire con noi. Suor Annamaria con i suoi modi veramente celestiali
riesce a convincerlo a scendere. Siamo ormai in clima di saluti, Deepak dice
alle suore di vestirsi di nero in lutto, Ormai lui ha comunque deciso di
tornare ogni anno. Liù ci da un modello
per realizzare camiciole e pantaloni indiani e 2 tagli di stoffa. Ci dà
anche una valigia da 20 kg da portare in Italia, piena di roba per il suo
mercatino!
Ultima cena in cui offriamo noi il gelato (confezionato) che si rivela essere un cataclisma per l’intestino durante il viaggio di ritorno. Saluti affettuosi e commoventi e ci buttiamo nel traffico di Mumbai caotico e rumorosissimo anche a quest’ora di notte, quasi sempre a passo d’uomo, accompagnati dalle preghiere di tutti ai vespri (siamo in una botte di ferro!). Prima di partire anche Gerry fa una capatina portandoci regali. E regali ci fa suor Lucia e anche le altre suore; un fior di loto, delle tipiche “schiacciatine” da friggere, Deepak fa trovare alla suore sul tavolo tanti fiori bianchi di carta, uno per ogni suora, fatti da lui con l’origami e su ogni fiore scrive il loro nome. Un pensiero che le suore all’indomani hanno apprezzato moltissimo (ce lo ha detto Suor Lucia al telefono sabato pomeriggio). Partiamo stanchi e felici di tutto, anche di ritornare a casa.