venerdì 29 giugno 2012

Le vostre storie


Cronache del nostro viaggio in India (seconda parte)

Mumbai, 16 -23/01/2010


SABATO 16/01/10


Siamo in viaggio tra ritardi, code affannose, spifferi in aereo: non sono ancora entrata nell’atmosfera di questo viaggio, di cui invece non vorrei perdere neanche un attimo perchè so che potrà essere un’esperienza straordinaria.

Chi l’avrebbe mai detto che avrei affrontato un’avventura come questa in compagnia della mia amica- complice di sempre? Mi manca solo la presenza di Giulio.

Siamo in aereo e mancano ancora ore. Deepak ci ha raccontato alcuni ricordi dei suoi primi 8 anni di vita presso le Missionaries of Charity di Madre Teresa che ogni tanto lo mandavano al lebbrosario dalla suore, che ancora sono lì. perché era un po’ irrequieto: una volta aveva persino cercato di “costruire” una piscina nel dormitorio, raccogliendo secchi di acqua piovana e buttandoli per terra….Sister Lucia ancora lo chiama “il suo Principe”.

Arrivo all’aeroporto di Mumbai. Manca la mia valigia! Non è un buon inizio ma cerco di prenderla bene: mi serve a fare un po’ esperienza di povertà, per sentirmi meno a disagio tra questa gente. Conosco Suor Lucia: piena di vitalità e allegria.. Deepak è al settimo cielo; fa piacere vederlo. Arriviamo al Vimala Centre e ci sistemano in due camerette pretenziose e spartane allo stesso tempo. Inaspettatamente abbiamo il lusso del bagno in camera (ma non entro in dettagli). Il traffico all’una di notte per arrivare qui è spaventoso: intenso e indisciplinatissimo, a cui si aggiunge la guida a sinistra per frastornarmi ancora di più. Però è buio e non mi rendo ancora conto di come è la città. L’ingresso al centro Vimala è molto decoroso.



DOMENICA 17/01/10


Colazione e poi a messa nella chiesa parrocchiale attigua alla Casa della Carità. Bei canti (di cui uno ho trascritto più avanti perché mi ha molto colpito).

Grande maggioranza di donne a messa. Poi visita alla casa della carità. Tutti molto ospitali, specie Suor Annamaria che ci fa visitare tutto. Hanno 36 ospiti più una scuola per 50 bambini disabili (12 sono i loro, più gli esterni) Cappella grande, molto sobria ed elegante con un’icona fatta da un italiano (anche qui al Vimala la cappella, molto più piccola è carina e soprattutto la parete di fondo, in pietre grigie irregolari su cui è tratteggiato il planisfero e al centro c’è un crocifisso che sembra abbracciare tutto. Però alla base dell’altare sono rappresentati i simboli delle varie religioni, tra cui l’OM dell’induismo e la luna e stella islamiche: un po’ inquietante). Torniamo al centro attraversando il villaggio di Versova. Suor Lucia ci spiega che lo slum è stato abbattuto e sono stati concessi appartamenti negli enormi edifici che stanno costruendo, ma i vecchi abitanti dello slum hanno preferito i soldi all’appartamento e sono andati a creare un altro slum altrove perché sono abituati a vivere in strada. Tutto molto sporco, e c’è un contrasto enorme con come sono disposte le merci, specie verdura e frutta sulle bancarelle: tutto perfettamente allineato, come se fossero costruzioni di Lego e con un effetto cromatico bellissimo perché ogni ortaggio/frutta con il suo colore forma una piramide accanto agli altri di altri colori. Traffico a tutte le ore, clacson continuo, rickshaw (Ape nero con capottina ripiegabile nera o gialla),

Pranzo con le suore e una signora italiana che tutti gli anni viene qui a lavorare nella sartoria per poi fare un mercatino di beneficienza a Ravenna, Due carrelli di cibo, uno occidentale con pasta, pollo, patate e l’altro indiano con riso e salse piccanti più yogurth. Tanta verdura e frutta, tra cui papaia e chiku (simile alla nespola). Qui hanno 80 pazienti nel lebbrosario  e 70 bambine (figlie di lebbrosi + orfane). Non abbiamo ancora visitato la struttura: lo faremo domani. Dopo molte decine di anni mi è tornata in mente la Signorina Benfenati, un’istituzione della parrocchia di San Gregorio e Siro che quando ero bambina si appostava alla porta della chiesa alla fine di ogni messa per raccogliere fondi per i lebbrosi ed era totalmente votata a questa causa con una passione che io trovavo assolutamente folle. Oggi penso che invece non lo fosse affatto e tutta la sua foga di allora mi diventa importante nel ricordo.

A tavola Deepak e Suor Lucia hanno ricordato alcuni episodi dell’infanzia di Deepak, oltre a quello della piscina. Lui cercava di compiere delle marachelle perché le suore di Madre Teresa, dove viveva, lo mandassero “in trasferta” qui al Vimala. Una volta aveva costruito una piramide di materassi e mobili vari per poter raggiungere la cima dell’armadio dove le suore tenevano i giocattoli…Quando siamo stati in India (Giulio ed io) , alcuni anni fa (Dehli e dintorni) mi ero sentita veramente male (albergo lussuosissimo per il convegno di Giulio con servitori in livrea ad aprirti lo sportello e perfino il rubinetto in bagno). E tutti i mendicanti insistenti sempre addosso. Avevo pensato di non tornarci mai più, invece eccomi qui. Però, per lo meno, ora non sono dall’altra parte”, nell’hotel sfacciatamente lussuoso, e stamattina non siamo stati assaliti dai mendicanti (forse la presenza di Suor Lucia e di Deepak che è Indiano ci ha “riparato” e forse in questo quartiere che non è certo turistico la gente non chiede l’elemosina perché non pensa di poterla ricevere. I rumori caratteristici: traffico, cornacchie, cani, muezzin registrato 5 volte al giorno.

Sul muro dell’edificio è scritto: “Smile a lot. It costs nothing” e un lebbroso anziano ci sorride dolcissimo. Il mattino dopo Deepak ci dice di voler aderire  a questo invito e insieme, tutti e tre, promettiamo di sorridere sempre. A me riesce difficilmente.

Suor Lucia ci indica la strada per raggiungere l’oceano
e scopriamo che è distante 500 m. dalla casa! Oggi è una giornata molto limpida, non il caldo afoso di ieri notte e la vista è straordinaria: il sole infuoca l’acqua e sullo sfondo a sinistra tutto lo skyline di Mumbai: grattacieli che in lontananza sembrano bellissimi. Poi lo sguardo va più vicino e sulla riva vedi migliaia e migliaia di sacchetti di plastica e altri oggetti non identificati! Passeggiamo lungo la spiaggia di sabbia fine, insieme a tanti Indiani che passano così il pomeriggio della domenica (anche se la domenica qui non è generalmente festa, visto che la popolazione cristiana è attorno al 2%), Molti ragazzi giocano a pallavolo, a calcio, a cricket. Gruppi di uomini, pochissime coppie, alcune coppie di maschi che crediamo omosessuali perchè mano nella mano (ma poi impariamo che qui usa così tra uomini), ma niente gruppi di donne o ragazze. Chissà qual è il ruolo della donna nella filosofia hindu. Chiediamo poi   a Suor Lucia ci spiega che la donna per gli Indù non vale niente, si deve solo sposare  e fare figli o la vita per lei è impossibile. Sentiamo un fortissimo odore di pesce e vediamo un enorme essiccatoio: decine e decine  di metri di un graticcio di legno a cui sono appesi pesci a seccare. Alcune cornacchie ne approfittano nonostante i pezzi di plastica che svolazzano messi lì per tenerle lontano, Al Vimala vediamo una quindicina di bimbe che giocano a calcio scalze nel cortile (pieno di cacche di cornacchia). Sono molto belle, avranno dai 5 ai 10 anni, con vestitini molto femminili, che contrastano con i piedi nudi, il selciato sporco e il gioco del pallone. Decidiamo che nei prossimi giorni ci fermeremo a giocare con loro. Tutti sono molto socievoli e sembrano felici di vederci.
Specialmente le bambine hanno dei sorrisi stupendi. Il centro è composto da una serie di edifici bassi, semplici e molto decorosi. C’è un giardino grande e ben tenuto con alberi e piante tra cui tante stelle di natale rosse, alte più di un metro, Alla sera arriva un gruppo di italiani (di vicino a Milano) che sono stati nell’Himalaya e poi ci sono altre due signore italiane che si fermano per mesi ogni anno: Flaminia di Varese che ha costituito una O.n.l.u.s e ha realizzato tanti progetti in questi decenni e Liù di Ravenna, che lavora nella sartoria qui al Vimala, dove fanno manufatti mirabili che poi vendono due volte l’anno in un mercatino di Ravenna. Ci raccontano tante loro esperienze. Hanno la nostra età o più e sono molto “avventurose”.


esto della canzone durante la Comunione – basata sul (Qoelet) 

“In His time, in His  time he makes all things beautiful in His time.

Lord, please show me everyday, as you’re teaching me your way,

that you do just what you say in your time.

In your time, in your time you make all things beautiful in your time.

Lord, my life to you I bring with its winter and its spring,

May I fathom everything in Your time.

There’s a time. There’s a time

 Both for sowing and for reaping there’s a time.

Time for losing, time for gaining, time for joy and time for pain;

every purpose under heaven has a time,

There are times, there are days,

 weeks and months we cannot understand God’s ways.

 If for years we fail to scan what is his eternal plan,

we’ll remember that he can, all the time!”



LUNEDI’ 18/01/10



Rido come una pazza per la battuta della Cristina, non intenzionale, che mi chiede di aprire la porta per vedere se hanno consegnato la mia valigia davanti alla porta della camera. Le ricordo che non siamo all’Hilton e vado al cancello per vedere  se fosse arrivata ma non c’è. Dopo tante telefonate a vuoto riesco a contattare l’aeroporto e imparo che è arrivata là e me la consegneranno. Infatti, in tarda mattinata arriva, però neanche l’ombra delle 1000 rupie a cui avevo diritto come indennizzo (meno di 15 euro). Qualcuno le avrà intascate, ma sicuramente ne aveva più bisogno di me. Suor Lucia ci porta finalmente a fare il giro della struttura. Prima le corsie dei lebbrosi, uomini e  donne: camere di 5 o 6 letti ciascuna che si affacciano su un corridoio aperto (cioè è come se si affacciassero tutte su una veranda e ogni camera ha finestre sempre spalancate sui due lati (quello della porta e quello di fronte), per cui tutto è luminoso e molto arieggiato. Le persone sono molto serene e contente di vederci, tutti ci fanno grandi sorrisi. Scambiamo qualche parola con quelli (giovani) che parlano un po’ di inglese. Hanno spesso i piedi fasciati (per l’insensibilità dovuta alla lebbra per cui non si rendono conto se si provocano ulcerazioni) e a volte anche le mani  (qualcuno non ha quasi più le dita) Però non danno l’impressione di sofferenza. Due ragazzine hanno la TBC. Andiamo poi dalle bambine (figlie di lebbrosi o orfane) che stanno facendo scuola. Alcune sedute sui banchi, altre per terra. (mi sembra che facciano un po’ fatica a scrivere). Ci cantano “Fra Martino Campanaro”. Distribuiamo loro caramelle. Hanno occhi intelligenti e sorrisi bellissimi (come il piccolo Raju che incontriamo al dispensario e che non sta in piedi. La mamma lo lega a un’asse verticale per farlo giocare un po’ con la palla). Il refettorio delle bambine è una sala nuovissima (hanno appena realizzato il piano superiore di questo edificio) ma senza tavoli né sedie perché mangiano per terra! (come è uso qui). La cucina è pulitissima. 25 kg di riso stanno cuocendo in una specie di caldaia con un rubinetto in basso per recuperare l’acqua piena di amido in cui è stato cotto il riso e che serve per le fasciature dei lebbrosi (per rendere le fasce più rigide). Sul tetto dell’edificio  c’è il lavatoio e lo stenditoio dove le ragazzine lavano a mano lo loro roba. C’è però al Vimala anche una lavanderia  con una grossa lavatrice per i lenzuoli ecc. Conosciamo un medico di Ragusa che visita i pazienti (vive qui e ha sposato un’indiana). Visitiamo anche il laboratorio di sartoria dove Liù fa la volontaria. Due ragazzi cuciono. Le sete sono molto belle, colorate e la lavorazione è raffinata.

Suor Bertilla dirige la sartoria. E’ la superiora, ma ora non c’è così io non la posso conoscere. Più tardi andiamo con Liù in un negozio di sete e la Cristina compra la seta bianca che le serve per il vestitino di Battesimo di Ester, sua futura pronipote. Seta bianca liscia sotto e sopra un toulle con ricami di fiori bianchi e perline. Magnifica. Il taxi che ci ha portato, aspettato per più di  un’ora e ricondotte al Vimala ci chiede 170 rupie (Eu 2,55). Chiedo a Deepak di fare sempre lui le foto perché odio girare con la macchina fotografica e poi non sono capace. Riprende un ragazzo che si  arrampica su una palma di 15 metri come fosse una scimmia, scalzo ma con il casco e il machete per prendere le noci di cocco che qui usano per cucinare.

Noi mangiano con le Suore (8 indiane + suor Lucia) e gli altri ospiti italiani. Il cibo è ottimo e variatissimo. Con tantissime verdure. E anche cose italiane: formaggio, salame che io però evito! Oggi pomeriggio alle 5 deve arrivare Gerry Pinto, la persona attraverso cui la Cristina ha conosciuto le suore dell’Immacolata e Deepak. Gerry si rivela una persona eccezionale. Mi colpisce come mi ha colpito suor Annamaria della Casa della Carità. Speciale. Ha cominciato a frequentare il lebbrosario 30 anni fa, a 20 anni, portandoci anche il fratellino Ralph di 10 e condividendo la vita con i lebbrosi (malattia che, specie allora, portava all’isolamento anche dai propri familiari). Sua moglie Judith non è venuta  perché impegnata. Insegna alle elementari da 23 anni, ha una classe di 70 bambini, lavora dalle 12,30 alle 18,30 (+ tutto il resto che fa un’insegnante) per l’equivalente di 300 dollari al mese. Ma le piace! Gerry ci invita a cena e promette anche di accompagnarci al mare mercoledì a vedere le barche dei pescatori che tornano cariche di pesce. La sera vediamo le bambine più grandi e mi scambiano per la regina Elisabetta!!! “Marani Elizabeth”: seriamente pensavano che lo fossi.


Dicono che sono identica a un’immagine della regina che è sui loro libri. Penso seriamente che dovrei ritingermi i capelli!!! Spiego loro che ero mora come loro ma non ci credono. Faccio vedere la foto sulla carta d’identità. Alla fine si convincono che non sono la regina.

Sono piena di ponfetti dappertutto. Mi sa che ci fosse una bestiola (o più di una) sul lenzuolo. Stasera finalmente posso usare il sacco a pelo che avevo nella valigia e mi sento più sicura. Stasera entrano 6 nuovi lebbrosi (4 uomini e 2 donne) mandati dalle suore canossiane.



MARTEDI’ 19/01/10



Partenza per Bombay/Mumbai in 2 taxi. Io con Flaminia di Varese, Cristina con Deepak e Suor Lucia. 800 rupie per un taxi tutto il giorno dalle 8 alle 17 = circa 12 euro. Sono 37 km per arrivare in centro a Mumbai dal sobborgo di Versova a nord dove siamo noi. Calcoliamo di partire e arrivare con il minor traffico possibile. Prima fermata al lavatoio dove centinaia di uomini lavano, in piedi, dentro a vasche in muratura, tutt’attorno slums. Non è altrettanto orrendo che il Banco di Abidjan dove le persone erano a bagno nel fiume e ciascuna aveva un copertone d’auto come postazione e asse da lavare. Si vedono stesi montagne di teli verdi che Suor Lucia ci spiega essere la biancheria degli ospedali di Bombay che vengono lavati qui con la lisciva. Tutto veramente “sterile”! Risaliamo sul taxi e arriviamo alla casa di Gandhi (oggi chiusa per “pest disinfection”, ma ci fanno entrare lo stesso mentre uno con la mascherina disinfesta. Un odore penetrante) Vediamo la sala dove riceveva le persone importanti, dove filava, con libri religiosi di varie religioni tra cui la Bibbia.

Andiamo poi al mercato a comprare le spezie ecc. Arriviamo sul mare (passando davanti all’imponente Victoria Station) e vediamo the Gate of India, anche questa segno del potere coloniale del British Raj. Di fronte c’è l’Hotel Taj Mahal, elegantissimo, dove 12 persone sono state ammazzate due anni fa in un attentato. Entriamo per usufruire della toilette (all’altezza dell’albergo). Andiamo poi in un negozio di artigianato locale e dopo al  “Leopold’s café”,
noto in tutto il mondo e citato nel libro Shantaram. Caratteristico, molto alla buona, pienissimo. Mangiamo benissimo; riso fritto con pollo, nan, salsina verde, bibite (ottima la mia: acqua gasata con tantissimo succo fresco di limone) In cinque spendiamo 20 EURO (le porzioni sono enormi e chiediamo gli avanzi di riso che ci mettono direttamente in un sacchetto di plastica !(e lo diamo a una mendicante con bambino subito fuori dal ristorante) Ancora due negozi, uno di borse e foulards (Amber) e l’altro di gioielli (Popli) entrambi in grande amicizia con Suor Lucia che manda lì tutti i
suoi ospiti. Dovunque ci offrono da bere: coca cola, caffè . Al ritorno diciamo i vespri con le suore (mentre il muezzin dice la sua con l’altoparlante). Le suore indiane indossano il sari. Sono elegantissime e non si capisce come riescano a fare tutto vestite così, con il velo appoggiato su un braccio. E’ di un colore che indica che sono persone consacrate: beige rosato o rosa pallido con il bordo marroncino: In cappella stanno a piedi scalzi. Questo viaggio è il regalo che la Cristina mi fa per il mio 60° compleanno: non avrei mai potuto fare un’esperienza così di vita indiana senza questa occasione straordinaria. Deepak ci prende in giro per queste nostre esternazioni affettive. Commenta ironico: “Che bel momento commovente”!!!

MERCOLEDI’ 20/01/10
Qualcosa di nuovo a colazione: cocco tritato: buonissimo!!!

Andiamo alla Casa della Carità: c’è la Messa, ma in stile indiano. Altare alto 30 cm. Preti seduti all’indiana tutto il tempo, anche per la lettura del vangelo e la consacrazione. A un certo punto  il concelebrante (che capiamo subito essere italiano da come legge il vangelo: pronuncia come i miei studenti) si alza per andare al tabernacolo e lo fa con uno sforzo tremendo perché le gambe gli si erano atrofizzate per la posizione seduta con le gambe incrociate. E’ Don Davide, 42 anni, di Fontanaluccia, casa madre delle Case della Carità a cui il vescovo ha chiesto di venire qui (era parroco a F.) ed è qui solo da Maggio. E’ contento, E’ uno di quelli illuminati sempre dallo spirito come Suor Annamaria. Vive in un’altra Casa della Carità, piccolissima, che si trova in uno slum di Mumbai, circondato da baracche, Non hanno neanche i letti, ma dormono per terra come gli indiani. Hanno una dozzina di ospiti. E’ con lui un frate di Reggio. Ci spiega che la convivenza tra diversi qui è generalmente molto buona. D’altra parte in un paese in cui ci sono 22 lingue ufficiali, anche molto diverse si impara a convivere con naturalezza. Qui alla Casa della Carità vengono ad aiutare famiglie Musulmane e Indù, non solo Cristiane. Visitiamo poi la scuola privata che fa parte della Casa della Carità e che è frequentata da 52 bambini (ragazzi mentally challenged” tra i 5 e i 18 anni). 12 sono ospiti della Casa della Carità, gli altri vengono dai villaggi qui attorno, Vengono accolti solo ragazzi poveri con disturbi mentali, per i quali non c’è scuola statale e i genitori li terrebbero reclusi in casa. Da 5 anni la retta è sempre di 450 rupie al mese (circa 7 Euro) compreso il pranzo. E chi non se lo può permettere non paga. La scuola è privata per cui conta sulle sovvenzioni di sponsor per pagare tutto (insegnanti compresi). (Lo stipendio buono di un manovale è 5000 rupie al mese = 75 Euro). La preside, Alina, ci riceve nel suo studiolino e ci racconta tante cose. I bambini cantano, ballano, fanno ginnastica, uno è al computer aiutato da un’insegnante; altri oggi vanno alla gita annuale con un pulmino insieme a dei familiari che aiutano perché questi sono i più gravi e sono tutti da imboccare, pulire, spingere in carrozzina ecc. All’età di 18 anni devono lasciare la scuola, ma qui hanno creato un “activity centre” per continuare a seguirli e far fare loro qualcosa. Per ciascuno c’è un “individual education plan” e il personale ha un training specifico per seguirli. Insomma, non è un parcheggio. Li vediamo  danzare con una bellissima musica e si muovono armoniosamente; qualcuno muove solo le mani e fa quello che può, ma molto seriamente.



Torniamo al Vimala e andiamo dal medico del lebbrosario, il dermatologo siciliano Salafia che diagnostica subito “pulci del materasso”. Mi dà una crema e delle pastiglie. Suor Lucia viene in camera e sparge DDT, così oltre alle pulci ci intossichiamo.

Le suore sono molto carine. Oltre a Suor Lucia (sarda) e Suor Bertilla (la superiora, lombarda, ora assente) ci sono 8 suore indiane: le due più anziane sono suor Anastasia e suor Lila, due donnone e poi c’è suor Rosemary, piccolina e le più giovani Cecily (l’economa), Shanti, Fatima e Prianka che non ha ancora 26 anni; è entrata a 15 ed è suora a tutto gli effetti già da qualche anno. Ma non ha ancora l’anello che si riceve dopo 6 anni dai voti. Suor Lucia (e anche un’altra suora) ha un piccolo crocifisso tatuato sul dorso della mano alla base del pollice. Se l’è fatto fare qualche anno fa, da un musulmano! Dice che le serve per comunicare con i giovani.

Al pomeriggio arriva Gerry per portarci a vedere arrivare le barche dei pescatori. Attraversiamo un villaggio di pescatori dove non entrano certo i turisti. Tantissima miseria. Poi andiamo sulla spiaggia: piena di gente. Le donne in sari coloratissimi, gli uomini con carichi di pesce sulla testa. Ceste di bambù e barili di plastica tagliati in due usati come contenitori. E poi tutti questi barconi, molto vecchi e malandati. E chi ripara le vele. Bimbi che scorazzano, bimbe che puliscono i gamberi, donne che vendono i pesci pescati dai mariti su banchetti improvvisati alti 30 cm (anche nel giardino del Vimala le panchine su cui spesso siedono i pazienti sono alte meno di 30 cm ed è veramente scomodo rialzarsi).

 Oggi 33 gradi e un pò afoso. Dicono comunque che questo è il mese migliore.

 Faccio un sacco di domande a suor Prianka su come si indossa il sari, allora lei mi porta in camera sua e me ne fa indossare uno bellissimo. Difficilissimo da mettere: bisogna fare tante piegature ma poi con 5 metri di stoffa rigirata intorno al corpo l’effetto è magnifico.


GIOVEDI’ 21/01/10



Programma del giorno:

6:30 Messa qui

9:30 Missionaries of Charity (quelle di Madre Teresa dove è vissuto Deepak per 8 anni) in rickshaw; poi Mount Mary (santuario). Pomeriggio visita a un’isola in barcone (Bombay era costituita originariamente da 7 isole) e poi a cena da Gerry. Mi colpisce l’atteggiamento di Deepak che si sente a casa in questo centro, in mezzo alle suore. E’ attento e preoccupato se gli sembra che siano serie; con loro parla inglese (mentre se ci siamo noi tende a evitarlo), è sempre allegro e ha un’incredibile capacità relazionale e attenzione per ciascuno.

Continuiamo a intossicarci spruzzando Autan Extrème agli UFO vaganti per la stanza. Incontriamo Kàlpana che viveva qui quando c’era Deepak e lo teneva a dormire nella sua stanza, gli faceva il bagno ecc. Lei lo ricorda benissimo, lui no.

Ore per raggiungere Mount Mary in 2 taxi perché non si trovano rickshaw liberi. E’ un santuario moderno (1904) molto “celeste”, un po’ pacchiano, ma preghiamo la Madonna e ricordiamo tutte le persone care. Poi sul lungomare fino alla casa delle Missionaries of Charity. Uno dei 2 taxisti non si rivela onesto per Suor Lucia per cui ci stringiamo tutti e 5 (c’è anche Flaminia) + l’autista in una vecchia  auto del ‘58 (potrebbe essere una 1100 o giù di lì). La visita alla casa delle Suore di Madre Teresa inizia male perché incontriamo persone sgarbate (anche suore) poi invece si rivela estremamente commovente. Deepak ricorda il cortile, lo scivolo, la camera. Ora hanno 42 bambini, tutti con problemi medici, Per fortuna quasi tutti in via di adozione, tranne uno , chiamato Deepak, con problemi al cuore. Hanno da 0 a una decina d’anni. Sono dolcissimi, ciascuno nel suo lettino di ferro perché  sarebbe ora di fare la nanna (ma non ne hanno nessuna voglia). Ci guardano affamati di affetto e basta carezzarli e parlargli che si abbandonano a te. Mi sento malissimo e penso al nostro Lorenzino circondato da cure e affetto solo per lui, com’è giusto che sia, e penso ai milioni di bambini che sono deprivati di questo. E come sempre quest’idea mi fa sentire impotente e colpevole.

Pomeriggio sull’isola: partenza con la jeep del Vimala, arrivo sul mare attraverso viottoli larghi massimo 2 m. (per fortuna abbiamo incrociato solo risckshaw) Poi saliti su un barcone traghetto (antico) insieme a migliaia di altri (tra cui tanti bimbi di una scuola, in divisa) Per una cifra irrisoria!

Poi saliamo su un bus, così li proviamo proprio tutti i mezzi di trasporto. Il bus è anni ‘50, sedie di ferro scrostato e skai, però c’è la tv, anzi due con schermo piatto. Su quest’isola ci sono molti alberghi eleganti che si raggiungono, ovviamente in un modo più elegante, ma soprattutto ci sono slums ributtanti dove non si può credere che abitino esseri umani tra le lamiere, i sacchi e qualche pietra e tanto, tanto sporco. Non oso pensare come sia durante la stagione delle piogge.   Arriviamo sulla spiaggia con tanti pesci ad essiccare: quelli sui graticci (come avevamo già visto) e poi invece i gamberetti direttamente in terra,  preda delle cornacchie. Mi chiedo cosa tirino su quando li raccolgono, Camminando lungo la spiaggia arriviamo alla zona “bella”, con case , alberghi e tante palme da cocco. Ci sediamo sugli scogli. C’è sole e brezza e si sta divinamente se non guardi al di là delle belle case dove si vedono gli slums e al cane rognoso che vuol farsi adottare da noi. Ritorno in pulman + barca + rickshaw e immediatamente doccia perché siamo intrise di sporcizia. Doccia è una parola grossa: se va bene viene giù un filino di acqua, altrimenti si usa il rubinetto che è a 50 cm di altezza e ci si lava a pezzi. Ovviamente per terra non c’è scarico (e l’idea del piatto doccia nemmeno lontanamente pensabile) per cui  l’acqua della cosiddetta doccia deve finire dentro il secchio (e viene poi usata per il water visto che il “flush” è veramente modesto). Quella che non finisce nel secchio va in giro per il bagno e lì resta, Ciliegina sulla torta: dal letto intravedo una grossa bestia strisciante tra la tenda e la finestra: lucertolone o ramarro. Mi dicono che forse era un geco (ma i gechi non sono così grandi e scuri!!!).

Ci viene a prendere Gerry e ci porta a casa sua. Non sembra neanche di essere in India quando sei dentro, (In realtà l’ascensore con cancelletto estensibile e pulsanti antichi ci riporta in India. La famiglia è deliziosa, molto, molto ospitale, aperta. Molto progressista e tradizionalista insieme: l’appartamento è intestato alla moglie ed è solo il suo nome che è scritto sulla targa nel portone sotto, il marito aiuta in casa (pulisce il piano di sopra prima di andare a lavorare alle 11 –Lei pulisce di sotto e cucina prima di andare a lavorare alle 12) Però hanno fatto un matrimonio con vestiti indiani tradizionali (sari rosso e tunica bianca per lui) mentre qui le spose tendono ad usare il vestito lungo bianco e ricco all’occidentale, e hanno invitato solo poche persone e non i tradizionali 500 ospiti. Quindi sono un po’ anticonformisti, ma legatissimi alle loro famiglie di origine e unitissimi. In casa stanno scalzi. Quando arriviamo  la tavola non è apparecchiata. Poi vengono messe delle tovagliette plastificate decisamente brutte mentre l’arredamento è molto elegante (marmo dovunque, divani in cuoio avorio, tavolo di cristallo, bicchieri bellissimi) E non ci sono sedie per tutti! Non hanno 8 sedie in una casa a due piani con 4 stanze da letto e 3 bagni. Per noi è assurdo, ma capiamo che la sedia è un oggetto ignoto in India, dove preferiscono sedere bassi e mangiare bassi. Nishka (che vuol dire gioiello) va a lezione fino alle 21:30 ; qui sembra sia normale. I ragazzi vanno a scuola molto presto la mattina e poi stanno tutto il pomeriggio e anche la sera spesso, Anche le ragazzine qui al Vimala sono sempre a lezione o studiano, Non hanno tempo per altro. Simon vuole entrare a medicina per cui deve avere un voto altissimo all’esame finale (attorno al 90 su 100) per poter accedere al test di ingresso a medicina (la stessa cosa che ho visto in Polonia). Sembra che gli studi siano cosa molto più seria che da noi. A cena: riso basmati, tante verdure in salse varie, tandoori chicken, kebab, lenticchie ecc. Poi un dolcino costituito da un biscotto con dentro una strana crema e inzuppato di sciroppo di zucchero. Veramente stucchevole e poi dei rombi di pasta di anacardi (keshew nuts, buonissimi che abbiamo mangiato anche come antipasto).



VENERDI’ 22/01/10 ULTIMO GIORNO






Qui oggi al dispensario operano i poveri di cataratta, ieri invece c’era il dentista, Ieri l’altro il dott. Salafia operava i lebbrosi…



Liù Veneri e Flaminia Broggini sono le nostre due compagne di avventura con cui oggi andiamo in un centro commerciale per gli ultimi acquisti.
Compro un camicione tipicamente indiano per ricordare questa esperienza e perché mi piace. Andiamo anche a salutare Suor Annamaria alla casa della Carità che ci ha fatto avere un CD di musica indiana che la Cristina aveva chiesto. Il bambinetto down, 6 anni, che “dirige” il coro in chiesa ci accoglie molto contento e a segni ci dice di aspettare e va a chiamare la suora, Poi però sale sulla nostra macchina, così com’è in pigiama, perché vuol venire con noi. Suor Annamaria con i suoi modi veramente celestiali riesce a convincerlo a scendere. Siamo ormai in clima di saluti, Deepak dice alle suore di vestirsi di nero in lutto, Ormai lui ha comunque deciso di tornare ogni anno. Liù ci da un modello  per realizzare camiciole e pantaloni indiani e 2 tagli di stoffa. Ci dà anche una valigia da 20 kg da portare in Italia, piena di roba per il suo mercatino!

Ultima cena in cui offriamo noi il gelato (confezionato) che si rivela essere un cataclisma per l’intestino durante il viaggio di ritorno. Saluti affettuosi e commoventi e ci buttiamo nel traffico di Mumbai caotico e rumorosissimo anche a quest’ora di notte, quasi sempre a passo d’uomo, accompagnati dalle preghiere di tutti ai vespri (siamo in una botte di ferro!). Prima di partire anche Gerry fa una capatina portandoci regali. E regali ci fa suor Lucia e anche le altre suore; un fior di loto, delle tipiche “schiacciatine” da friggere, Deepak fa trovare alla suore sul tavolo tanti fiori bianchi di carta, uno per ogni suora, fatti da lui con l’origami e su ogni fiore scrive il loro nome. Un pensiero che le suore all’indomani hanno apprezzato moltissimo (ce lo ha detto Suor Lucia al telefono sabato pomeriggio). Partiamo stanchi e felici di tutto, anche di ritornare a casa.

giovedì 28 giugno 2012

Le vostre storie (Parte prima)


Cronache dall’India



Gennaio  2010:  una settimana in India a distanza di 20 anni. 

Più avanti se ne leggerà la cronaca dettagliata,  scritta  giorno  dopo  giorno dalla mia splendida e insperata compagna  di  viaggio.  Non si è trattato di un semplice, seppur bellissimo viaggio   in  ottima  compagnia,  per  rivisitare   importanti  luoghi  del passato; è stato molto di più: un tuffo nel profondo dell’anima  dove si sono addirittura create le condizioni ideali per  far rivivere  la presenza  di una persona ormai trapassata, grazie alla memoria donata dallo Spirito in un particolare momento. Si è trattato di un dono:  quello di poter rivisitare  il punto di partenza che ha dato origine ad  una  nuova vita, piena di difficoltà, ma  che ha  anche regalato grandi opportunità  di  crescita,    di  conoscenza,  di  ricchezza interiore,  di
salvezza.  E’ la cosiddetta "Via di Damasco" che sto ancora percorrendo dal 21 Ottobre 1986.

Eravamo  partiti  G.C  ed  io  per un viaggio intorno al mondo: prima tappa Bombay . Avevo  intuito che questo viaggio  mi avrebbe cambiato la vita per sempre  ed era poi quello che, intimamente, desideravo, ma senza rendermene conto.

E’ al Vimala Hospital di Bombay che ,alla fine di una visita di" cortesia " alle  suore missionarie italiane dell’Immacolata, mi si avvicina un bambino di  5  anni,  scalzo,  bellissimo,  vestito  di  bianco:  D che sarebbe poi diventato mio figlio 3 anni dopo!

“Perchè     non  lo  adottate voi? “mi chiede Suor  Lucia, poi si corregge subito:”  Purtroppo  non  è  adottabile,  ha il padre che sporadicamente lo viene a trovare! Peccato!”

G.C.  non era con me durante quella visita , ma era passato a prendermi più tardi  .  Si  era  anche  fermato  un po’ nel salottino del Vimala ( questo particolare  l’avevo completamente  rimosso) per salutare le Suore italiane e  per   lasciare  una  dedica  scritta, com' è abitudine fare da parte dei visitatori.  Questa  dedica l’avrei inaspettatamente ritrovata 20 anni dopo
ritornando  indietro  con  le pagine del libro delle firme a quel 21/10/86:

“Buon   proseguimento”!   aveva  scritto! 


Per  me  è  stata  una  sorpresa grandissima  ed  è  come  se  G.C.  l’avesse  scritta in quel momento! Sono convinta  che quel pomeriggio, nel salottino c’era anche lui e che, in quel modo,  era riuscito a “farsi vivo”!

Più tardi quella sera del 21 Ottobre 86, in albergo,  dico a G.C. di questo incontro  e di questo bambino bellissimo che in qualche modo gli somiglia e  che  lui  non  aveva avuto modo di incontrare. Senza parlarmene scrive a Suor  Lucia e Suor Bertilla  e chiede di adottarlo a distanza per offrirgli un  futuro   (senza  averlo  neanche  visto  gli era rimasto impresso…forse perché gli avevo detto che un po’ gli somigliava)       .

Dopo  qualche  tempo  arriva  la  risposta  : “ l'adozione  a distanza non è possibile; o  fate  un'adozione  vera  e  propria o non se ne fa niente". Iniziammo (in realtà fece tutto G.C) le pratiche, ma bisognava rintracciare il padre biologico per fargli firmare l'abbandono e inoltre le Missionaries of  Charity  di  Bombay  non  prevedevano  adozioni  in  Italia, ma solo in
Germania  e Svizzera...insomma tante difficoltà,  Suor Lucia però  non si è mai  persa d'animo e, decisissima, è riuscita nell'intento e  per una volta le  MoC  hanno fatto un'eccezione grazie soprattutto all'intervento diretto di  Madre  Teresa  (quando Dio vuole non c'è ostacolo che tenga). Fatto sta che  dopo  3   anni,  il  17/11/89 siamo partiti per andare a prenderlo. Ci siamo  sposati  con  rito  religioso il 19/11/89 nella Velankanni Church di Bombay  (15  anni  prima ci eravamo sposati con il solo rito civile), siamo rimasti  ancora  una  settimana e il 27/11/89 siamo ritornati in Italia per cominciare  la  nuova  vita.  Non racconterò tutto quello che è accaduto da allora  ad  oggi  (dovrei scrivere un libro a parte) ma  dirò semplicemente che  tutta  l'impalcatura  della  vita  "vecchia"  è  pian  piano crollata, lasciando  una scia di grande, indicibile sofferenza,  soprattutto per G.C.
durata fino alla sua morte avvenuta  il 18/06/2005. La sua ultima settimana di  vita e di passione , però, gli ha aperto la strada alla vera salvezza e alla  riabilitazione di tutto il suo essere profondamente  ferito;  è stata per  lui  la    nuova  creazione,  la  liberazione  da  tutti  i  pesi  che l'opprimevano.  Se  ne  è  andato  senza  rimpianti  e  in pace, con grande
coraggio...va detto.  Siamo rimasti soli D ed io (ma lo eravamo anche  della  morte di G.C.)  in mezzo a grandi  difficoltà e ostacoli, ma abbiamo anche  goduto e godiamo tuttora della vicinanza e della sincera amicizia di molte, preziosissime persone (E. è la prima di queste).


Ed  eccoci,   dopo  20  anni,  a  ritornare in quei luoghi.............buon viaggio   e  buona  lettura   con  le  cronache  di  E.


Cronache del nostro viaggio in India

Mumbai, 16 -23/01/2010 ......................................


Il seguito a DOMANI










martedì 19 giugno 2012

Le vostre storie

Da Ariel

A  SERENA

Nel 1992, il dodici di  maggio,

ho avuto in dono un bell’ omaggio:





era una notte di luna piena

quando nascesti tu, Serena!

Eri una neonata paffutella

dolce, rosea e molto bella

e provavo tante nuove emozioni

quando guardavo i tuoi occhioni.

Il tempo è passato in fretta

cara la  mia figlia prediletta;

i tre anni compivi velocemente

e alla materna andavi sorridente.

Fu un periodo di gran successo,

ogni giorno un nuovo progresso,

gli anni veloci sono passati,

sembrano davvero quasi volati.

Non ci posso proprio pensare:

era già ora della scuola elementare!

In cinque anni quante soddisfazioni

tra articoli, i Romani e le operazioni!

Sei stata sempre una brava scolara

e a compagni e insegnanti molto cara.

Ma poi è arrivata la temuta adolescenza …

e  con lei, addio alla mia pazienza.

Ricordi quante volte ci siamo scontrate?

ma non per questo  meno amate!

Abbiamo davvero un rapporto speciale,

con qualche litigio, ma intenso e amicale

e oggi che compi diciotto anni

spero per te una vita senza affanni.

Ma se ti si presenterà qualche dolore,

io ti sarò vicina a tutte le ore,

e se , nel bisogno, me lo chiederai,

ti aiuterò a risolvere i tuoi guai.

Che tu possa restare una sognatrice

e avere  una vita sempre felice.




venerdì 15 giugno 2012

Le vostre storie

Da Ariel

I  SETTE  VIZI  DEGLI  ANIMALI

L’ astuzia è una qualità

che va usata con proprietà:

la volpe è un animale

che spesso la usa male;

a volte, fa dispetti,

ma… “ chi la fa l’aspetti! ”



“ Sei stupido come un’oca! ”

L’offesa non è poca.

Ma tu non te la prendere

e a terra non lo stendere:

l’oca, tutto sommato,

è un animale prelibato.



Se un cattivo ti capita di incontrare,

coraggio, non ti spaventare!

Ti ricordi? Sempre il lupo

finisce ucciso o cade nel dirupo.

Nelle favole, come nella vita,

la cattiveria viene punita.



Qual è del pavone la qualità?

Lo sanno tutti: è la vanità.

Fa  di certo una bella ruota,

ma avrà forse la testa vuota?

Sicuramente è molto bella l’eleganza,

ma l’intelligenza ha ancora più importanza.


“ Proverei una gran contentezza,

se tu mi dessi un po’ di saggezza

disse un bimbo un po’ sventato

ad un gufo appollaiato.

“ Di essere saggio sono stufo!”

Rispose allora il vecchio gufo.



La bontà, ognuno lo sa,

è la migliore qualità.

Dai, proviamo a fare un patto:

sii buono come un cerbiatto;

e se molto ti impegnerai

un bel premio meriterai.



Sì, la vita è molto dura

per chi ha sempre un po’ paura.

Non temere se vedi un topo,

cosa vuoi che accada dopo?

Tutt’al più ti spaventerai

ma di certo non morirai.




























mercoledì 13 giugno 2012

IL  LIBRO  DI  ZUCCHERO



Tra tutti i libri di cui abbiamo sentito parlare, uno molto strano è senz’altro il libro di zucchero.

La stranezza di questo libro non è tanto che è di zucchero, ma sta piuttosto nel fatto che nelle sue pagine non si leggono parole né amare, né salate, né acide, né aspre, ma solo parole dolci.

Infatti ogni volta che l’autore, mentre lo scriveva, aveva usato una parola meno che dolce, il libro si era chiuso. Si intitola :  “ADDOLCIRSI LEGGENDO”.

Molte persone scontrose e dal carattere ombroso entravano in biblioteca e lo chiedevano in prestito per diventare più dolci.

Un giorno si presentò una signora “musona” e “inviperita” che tutti conoscevano nel paese per il suo pessimo carattere.

Era una maestra che tutti i giorni litigava non solo con il marito, ma anche con i vicini, con il direttore, con le colleghe, con le dade, con i genitori ed era il terrore dei bambini.

Chiese il libro di zucchero e il bibliotecario, sorpreso e titubante, glielo diede; la signora se ne andò via brontolando: “ Dicono che non sono troppo dolce, chissà se leggendo questo libro mi addolcirò un po’… ma… io non ci credo proprio …!”

Arrivata a casa,  sempre con il muso lungo, iniziò a leggere.

Presa dalla lettura, continuò, continuò… lesse tutto il libro.

Quando il marito tornò a casa, la cena non era pronta, ma … al posto della moglie scorbutica c’era una dolce signora che lo accolse con un bacio invece che con i soliti urlacci.

Il giorno dopo la signora arrivò a scuola con il libro in mano e un sorriso sulle labbra.

Al suono della campana la maestra “ex musona” entrò piroettando in classe e accolse i bambini con un sorriso a “trentadue denti”.

La mattina passò in un baleno; i problemi di geometria e gli esercizi di grammatica erano diventati più leggeri, ai bambini sembrava di sognare, le dade non credevano ai loro occhi.

La maestra lesse il libro ai bambini: anche i più litigiosi divennero dolci e gentili.

Alle 12,25 arrivò la collega e di fronte a quella scena inconsueta, cadde a terra svenuta.

Bisognò rianimarla leggendole una pagina di quel libro “zuccheroso”.

Fu un grande giorno per quella scuola e per l’intero paese, un giorno che si continua tuttora a ricordare.

Tutti furono felici, anzi… quasi tutti … tranne uno.

Indovinate chi?

Il povero bibliotecario, che fu preso d’assalto da tutti le maestre e i bambini del paese e fu costretto a fare una lista d’attesa lunga un chilometro con i nomi di tutti quelli che volevano leggere il libro per diventare dolci come lo zucchero.

Perché, ormai tutti sanno che:

“Un libro di zucchero, come per magia,

musi, litigi e urlacci porta via”.

(Testo inviato da Ariel)