domenica 28 luglio 2013

Una storia Maledettamente Maledetta: quasi la fine


... segue

III°CAPITOLO

 

         "E LA CHIAMANO ESTATE

           QUESTA ESTATE SENZA TE"

 

Quella notte M. T. come suo solito andò in paradiso con la sua bomboletta di gas........Nessuna di noi ebbe la percezione,il dubbio, che il mattino seguente ci avrebbe svegliato un silenzio tombale.

ore 06.30 del maledetto mattino seguente dove T. non fece più ritorno dal carcere di V.

Davanti alla sua cella n.°14 aperta. giaceva con la testa e le mani nel bidè,e tre cm. di acqua erano sparsi nella sua toilette.

"Miserere,tutte insieme pensammo,ma perché non abbiamo parlato,detto?"

L'intervento dei Dottori,degli Infermieri, la concitazione dell'Ispettore,del Capoposto,del" Magistrato"non poté far nulla,ciò che era in loro dovere e potere purtroppo.

Solo il decesso di M. T,Ma t;  una bara di color grigio metallo, M.  con il suo tormentone e  la sua papalina di cotone bianca.

Ci fu un silenzio totale tra noi detenute durato una settimana. Quanti sensi di colpa per non aver chiamato i soccorsi... in parte me li sento ancora.

Cambiarono alcune regole nel Penitenziario di V.

1°Ritirarono i fornellini. ,ogni sera alle 19.30 e alle 8.30 li restituivi

2°la terapia fu data a vista.

Il penitenziario per tutelarci fece di tutto. Le vie per la salvezza,ora erano solo in mano nostra

M. T. .......andò in paradiso con la sua papalina bianca di cotone ed ancor oggi la sento dire :

"Se non sono riuscita a volermi bene IO Voletevene bene voi anche per me."

Le dedico una canzone del grande Luigi Tenco "Ciao Amore ....Ciao Amore..."

IO l 'ho modificata mantenendo il rispetto del grande autore

        "CIAO M.T.......CIAO M.T. ….CIAO M.T. CIAO"

                                                                                        La Bresciana

Bologna 21/05/2013

... ma c'è una postfazione

venerdì 26 luglio 2013

Una storia maledetamente maledetta


 (segue)

II° CAPITOLO

M. T. con il suo tormentone sotto quel sol Leone, Agosto, "Voglio andare al Processo abbronzata e con  la mia papalina bianca di cotone"

All'avvenuta ora della chiusura delle celle,lei immancabilmente verso le 21 iniziava e reiniziava la sua ekstasy.Tutte noi sapevamo ma ognuna nella sua cella, poteva fare ciò che gli pareva o voleva in segreto dalla sorveglianza del Penitenziario. I controlli non erano ne rigidi,ne le agenti troppo insistenti:eravamo una sezione di deficienti, No scusate! tossicodipendenti.

 
(segue)

martedì 23 luglio 2013

Dal carcere, una storia a puntate


"UNA STORIA MALEDETTAMENTE MA LE DETTA"

LA REALTA' O LA SI GUARDA INFACCIA O SI STA IN UNA BOLLA IRREALE PER SEMPRE.

 
 
    "MI CHIAMO M. T."
 
Questa è la vera storia di M. T. 35 anni di Milano ex Detenuta nella Casa Circondariale di V.,trovata in possesso di una borsa, contenente un po’ di ferraglia:due o tre pistole,2 fucili e delle munizioni ad uso improprio di rapine.

Altezza mt 1,80,occhi marroni,peso 85 kg.,capelli castani......abbronzata,con la sua inseparabile papalina bianca di cotone.

 

     1°CAPITOLO 

Sono la Bresciana testimone di questo racconto.

 Nel maggio del 1996 anch'io "reclusa" nello stesso luogo per spaccio di 5 grammi di eroina,condannata a 1 anno e 4 mesi, all'epoca tossicodipendente-30 anni- di Brescia.

Il tormentone di quell'anno era la canzone ultima di Freddy Mercury "Radio GaGa",mentre il tormentone di M. T. era:"Voglio andare al processo abbronzata e con la mia papalina di cotone bianca."Non è mai stata una detenuta nè violenta,nè rissosa;ma la sua mole creava un pò di timore per chi non la conosceva.

M. T. aveva la brutta abitudine di respirare il gas,del fornellino pic nic che ogni detenuta aveva.

Eravamo all'epoca in 60 detenute suddivise su due piani, la maggior parte tossiche-alcoliste, il massimo delle pene erano da 5 a 6 anni.

Le celle erano aperte dalle8.30 alle  19.30 e due stanze ai lati della "sezione"adibite per la socialità,fono,frigo,stenditoio ecc. Mai ci furono baruffe o pregiudizi tra di noi!

Naturalmente non tutti i giorni,erano i nostri umori,sereni,ma avevamo adottato l'esprimere il proprio stato d'animo all'altra,in modo da evitare parole in più. I pettegolezzi no; non erano insiti in noi. Solo esisteva il discorso che se Una non apprezzava l'Altra, la conclusione era di non parlarsi,non considerarsi. Fine.IO parlavo con tutte invece.

Ma ritorniamo a Tatone che è la mia più gran ragione di questo racconto. Male detta mente Maledetto.

La famosa bomboletta del gas,si diventerà famosa!,che IO,Lei ed un'altra detenuta di 26 anni,usavamo "maldestramente". Il procedimento era semplice,le conseguenze erano catastrofiche..............Aspirando con la bocca il gas,le conseguenze erano ekstasy, musica tecno e poi e poi un finale di uno svenimento psicofisico.

Dal Paradiso –al-Purgatorio-all'Inferno era ogni boccata. La prima sensazione era quella di un'enorme risata in  comune AH!AH!AH!. In seguito le orecchie,il suono delle sbarre di ferro rimbombava così:BOM!BOM!BOM! BANG!BAANG! UAU! UAU! UAAAAU! ed infine lo svenimento che a turno avevamo. Due (le più esperte) aiutavano l'altra a riprendersi, IO ero la più dispersa ,inesperta,fragile ed ignorante.

 (...) segue

lunedì 15 luglio 2013

Da Mirella, il buio su Monte Sole


Il buio su Monte Sole

 
E’ il titolo di una mostra fotografica che ho visto ieri a Gaggio Montano. Quando sono entrata ed ho cominciato a guardare quegli scatti in “bianco e nero” ho sentito entrare in me lo stesso gelo che sentii quando entrai a Mauthausen.

L’ “orrore”,  Monte Sole, un nome così solare, violentato da uno sterminio che sembrerebbe non avere nulla di umano, ma che purtroppo umano è.

L’artista, che non si può chiamare “fotografo”, ha cercato di fissare momenti di luce appena filtrata da nembi neri incombenti sui vari angoli, su ruderi, pietre immobili che urlano gli orrori che hanno visto, testimoni silenziosi di ciò che avvenne nel lontano 1944. Anche la neve non riesce ad essere bianca, anzi si scioglie per scoprire le pietre sotto.

La luce la si indovina quasi come un addivenire, uno stimolo a vedere con gli occhi di un cuore che rifiuta non solo questi eventi ma anche le guerre e gli odi che le hanno generate.

Alla fine un pensiero, queste sono testimonianze che non possono scomparire e uno Stato che si rispetti dovrebbe salvaguardarle come testimonianza del prezzo della nostra libertà………. invece le pietre sono sempre meno e rischiano di essere sotterrate dal tempo e dall’oblio.

Non succeda mai che i nostri giovani non conoscano questa storia. 

 

venerdì 12 luglio 2013

Da Carla, amica di Anghiari, un testo molto attuale

 
 
Canzone del carceriere - J. Prévert

Dove vai bel carceriere
Con quella chiave macchiata di sangue
Vado a liberare la mia amata
... Se sono ancora in tempo
L'avevo chiusa dentro
Teneramente crudelmente
Nella cella del mio desiderio
Nel più profondo del mio tormento
Nelle menzogne dell'avvenire
Nelle sciocchezze del giuramento
Voglio liberarla
Voglio che sia libera
E anche di dimenticarmi
E anche di lasciarmi
E anche di tornare
E di amarmi ancora
O di amare un altro
Se un giorno le va a genio
E se resto solo
E lei sarà andata via
Io serberò soltanto
Serberò tuttavia
Nel cavo delle mani
Fino alle ultime mie ore
La dolcezza dei suoi seni plasmati dall'amore.

martedì 9 luglio 2013

Campanilismo o grande amore?


Da Mirella
 
Io nella mia città ( se non è campanilismo questo?)



Via Ugo Bassi, sopra al bar Scaletto, ultimo piano, c’è la clinica privata del dr. Vigorelli, ginecologo, sono le 23.45 di martedì 26 novembre 1940, lì ho iniziato il mio viaggio, senza sapere di essere nella città più bella e simpatica che io conosca, Bologna.

Proseguo quel viaggio all’interno della mia città, ricordando:

La Bolognina, dove ho abitato per 18 anni, in via Franco Bolognese: i miei incontri con i luoghi che conosco, conoscevo,  come le mie tasche; prima in compagnia dei miei genitori, poi con la mia amica, i miei amici, mio marito ed i miei bambini.

Le scuole Cappelletti dove ho imparato ad amare la scuola. a 50 metri da casa mia; Via Tibaldi, dove abitavano: la nonna Virginia e le zie, dove andavo a giocare, prima sulle macerie della guerra, poi nel cortile ripulito, con i coetanei; Via Calvart dove c’era la fabbrica di mio padre, andavo nella pista che gli operai mi avevano predisposto perché potessi girare con la bicicletta senza pericolo; la parrocchia dell’Arcoveggio dove ho fatto la comunione, ma non l’ ho frequentata molto, li  non avevo amiche, preferivo andare al Sacro Cuore, c’erano le suore dove andavo ad imparare a ricamare, durante le vacanze.

Gli anni passano, iniziano le medie, vado a scuola in centro, in tram, a volte appesa fuori, era quasi un divertimento, a volte a piedi, in particolare quando c’era la neve ed il tram non andava; in compagnia della mia fedele amica, quante chiacchiere e quanti sogni, passando sul ponte della ferrovia; ci piaceva aspettare il passaggio di un treno a vapore per farci avvolgere dalla nuvola del fumo.
 
La Montagnola, luogo sicuramente più sereno di ora; quando non era tardi, ci sedevamo sulle panchine sotto agli alberi, poi via Indipendenza, Via Montegrappa fino a via Maggia dove frequentavamo la scuola media Gandino. Preferivamo via Indipendenza, via Marconi era troppo moderna, ed in via Indipendenza c’erano molte sale cinematografiche, l’Arena del Sole – il Metropolitan – il Fulgor ( dove al mattino della domenica proiettavano gli spettacoli per i ragazzi) e poi c'erano vetrine a non finire.

Le “mistocchinare” agli angoli delle strade ( grande attrattiva per Gabriella, la mia amica, non per me) davano una nota caratteristica nei mesi di inverno.

A tarda sera, anche nelle fredde notti d’inverno, all’uscita dalle sale cinematografiche o teatrali più rinomate, un piccolo grande vecchio, “la coscienza della città” – Padre Marella, che con tanta umiltà raccoglieva per i suoi ragazzi, la sua “città dei ragazzi”, a volte donava un sorriso, a volte vinto dalla stanchezza sembrava non accorgersi, ma c’era sempre un “grazie”, quando ti allontanavi, dopo avere lasciato cadere qualche moneta nel suo cappello.

Spesso andavo a passeggio in centro, mi piaceva vedere gli  angoli più caratteristici e antichi della città, luoghi dove avevano vissuto i miei nonni, Via Nosadella – Ca’ Selvatica – Via Zamboni. Un giorno, andai con amici a mangiare da Lamma, luogo caratteristico per noi studenti dell’ l’epoca. Era vicino a Via dell’Inferno, al Ghetto Ebraico e zone limitrofe.  Orgogliosa del mio giro, al rientro, come al solito raccontai a mia madre dove ero stata, anche in Via dell’Inferno e...
mi arrivò, prima, un sonoro ceffone, poi la spiegazione del perché,:non dovevo andare in quei luoghi; vi erano state tante case di tolleranza,  ma la legge Merlin era già stata approvata da anni ed il luogo era diverso da quello di una volta.

Altri ricordi: le scalate alla torre Asinelli, con la speranza di vedere il mare, ma si era comunque appagati da un panorama mozzafiato, non solo per i 97 metri di scalini, ma per quello che si vede di lassù, il cielo è più vicino e la città dai tetti rossi è ai tuoi piedi ; le passeggiate a San Luca, come in quella mattina con la scuola, quando andammo ad assistere all’eclissi totale di sole, il freddo ci penetrò e il panorama divenne senza colori.

Tante scalate al Colle, ma che fatica! 

Le gare di nuoto e corsa allo Stadio Comunale, per i tornei scolastici.

D’estate quando andavo in vacanza, sempre dai parenti a Genova, era una grande festa, ma al ritorno, dopo due mesi di assenza,  quando, dal finestrino del treno, scorgevo San Luca, mi batteva il cuore,  sapevo che ero a casa, ero a Bologna.

Via Cesare Battisti, Piazza Calderini i luoghi dove ho frequentato le scuole superiori, le lunghe camminate sotto al Pavaglione, i pomeriggi all’Archiginnasio a studiare, le  visite alle librerie Nanni e Cappelli alla ricerca dei “Bignami” che ci aiutavano a riassumere le materie studiate e le soste sul “Crescentone” la nostra meravigliosa Piazza Maggiore, qualche foto, ed il povero Nettuno, quante vestizioni in occasione della Festa delle Matricole!  Ricordo una volta, gli avevano messo un bikini bianco a pallini rossi.

Per vicissitudini famigliari a 18 anni ho lasciato la Bolognina, e ci siamo trasferiti fuori porta Saffi, di fronte all’Ospedale Maggiore, una Bologna più anonima e moderna, mi piaceva meno, ma dove c’è la famiglia c’è casa.

A volte, rare, andavo sul greto del fiume Reno,  che era molto più limpido di ora, a prendere il sole, ma non osavo entrare in acqua, avevo paura.

Dopo il diploma, dopo una parentesi di circa un anno durante il quale ho lavorato in centro città, ho trovato lavoro vicino all’aeroporto, ma, nel frattempo, avevo anche trovato marito, e non avendo più nessuno della mia famiglia, mi sono trasferita alle Due Madonne, dall’altra parte di Bologna.

Un’ ora per andare al lavoro, quattro volte al giorno, quattro ore di autobus e tanti  libri letti.

Sono arrivati i bambini, quindi nuovi itinerari, passeggiate in collina, al parco Talon, villa Ghigi, al Carnevale dei Bambini ai Giardini Margherita, passavo con loro dei sabati molto intensi, dovevo recuperare il tempo che mi mancava durante la settimana, ma ormai mi ero emancipata avevo preso la patente e Giampaolo si era dato da fare per trovarmi una “500”, era azzurra con il tettuccio nero, favolosa.

L’auto negli anni a venire è diventata una parte di me stessa, perché non so come avrei potuto fare: Rita andava a pattinaggio, Michele a nuoto, poi il catechismo, prima dell’uno, poi dell’altra, le scuole elementari alle Viscardi, le Medie alle Farini, le superiori, uno alle Aldini l’altra alle Sirani. Di corsa sempre attraverso la mia Bologna, che cambia e quasi non me ne accorgo, non più passeggiate in centro, la domenica si passa in casa a fare quei lavori che durante la settimana non si riescono a fare; i ragazzi sono cresciuti e le passeggiate le fanno con altre compagnie…………e poi si sposano…………. 

Gli anni passano, inesorabili e non capisco come mai sono tornata alle Viscardi, dove avevo cominciato a portare a scuola i miei bambini,……………. di fianco a me, per mano una testolina dai riccioli neri, un cicaleccio continuo mi racconta la sua giornata e………. mi chiama “nonna”; anche l’auto, la mia fedele amica,  è cambiata, e per tornare a casa  attraverso tutta la città. Ora sto in provincia, in campagna, è bellissimo,  mi hanno detto che sono “emigrata”, ma io sono e sarò sempre una cittadina di Bologna, una “bolognese doc” ovunque mi troverò.    

 

 

 

 

 

 

lunedì 8 luglio 2013

Quando si parla di amore...

Ricevo da Anghiari...


Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di

>un'ottantina di anni arrivó per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice.

>Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9:00.

>Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata

>oltre un'ora prima che qualcuno potesse vederlo.

>Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento

>che non avevo impegni con altri pazienti, che mi sarei occupato io della ferita.

>Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli

>strumenti necessari per rimuovere la sutura e rimedicargli la ferita.

>Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altro

>appuntamento medico dato che aveva tanta fretta.

>L'anziano signore mi rispose che doveva andare alla casa di cura per

>far colazione con sua moglie.

>Mi informai della sua salute e lui mi raccontó che era affetta da tempo

>dall'Alzheimer.

>Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po'

>tardi.

>Lui mi rispose che lei non lo riconosceva giá da 5 anni.

>Ne fui sorpreso, e gli chiesi 'E va ancora ogni mattina a trovarla

>anche se non sa chi é lei'?

>L'uomo sorrise e mi batté la mano sulla spalla dicendo: ''Lei non sa

>chi sono, ma io so ancora perfettamente chi é lei'

>Dovetti trattenere le lacrime...Avevo la pelle d'oca e pensai: 'Questo

>é il genere di amore che voglio nella mia vita'.

>Il vero amore non é né fisico né romantico. Il vero amore é

>l'accettazione di tutto ció che é, é stato, sará e non sará.

>Le persone piú felici non sono necessariamente coloro che hanno il

>meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ció che hanno.

>Spero condividerai questo messaggio con qualcuno cui vuoi bene, io l'ho

>appena fatto.

>La vita non é una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di

>come danzare nella pioggia.

>Sii piú gentile del necessario, perché ciascuna delle persone che

>incontri sta combattendo qualche sorta di battaglia .