Perché ho
lasciato il mio paese
Sono
scappato dal mio paese perché volevano
sacrificarmi per un rito satanico al Dio della Terra. Intendo che volevano
uccidermi e usare il mio sangue come sacrificio a un idolo occulto Dio della
terra. Per esempio il fu Bola Igie, l’ex Attorney General (alto magistrato consulente del governo inglese) della Nigeria che
voleva eliminare tutte queste culture sataniche è stato assassinato proprio in
casa sua durante il giorno.
Io, una
persona comune, sono come un giocattolo davanti a loro. Mi stanno ancora
cercando, temo. Non voglio morire prima del tempo. Così sono scappato in Niger
per circa 3 o 4 mesi. Ho conosciuto la mia ora scomparsa Jeoma in Niger; lei mi osservava. Io non sapevo neanche che
qualcuno mi stesse osservando. Mi è venuta vicino e mi ha chiesto perché ero
così triste e stavo sempre da solo. Io le ho raccontato la mia situazione e lei
mi ha spiegato perché lei aveva lasciato il paese. Mi ha detto che loro erano
“Ossi”, che significa emarginati, degli intoccabili per la società. Nessuno
vuole toccare quello che loro toccano. Erano umiliati, segregati e tenuti
separati. Anche questo fa parte di una
cultura occulta e barbarica. Sentivamo pietà l’uno per l’altra. Poi cominciammo
a spostarci insieme finchè decidemmo di lasciare il Niger per la Libia.
In Libia
arrivammo a ‘Muzuk’, da lì a ‘Zuwara’, che è dopo Tripoli. Siamo stati a Zuwara
dal 2004 al 2011.
Poi ci siamo
innamorati. Lei è rimasta incinta e ha dato alla luce un bimbo, E. che
adesso non c’è più. Dopo due anni è
rimasta incinta di nuovo e ha dato alla luce un altro bimbo W. che, anche
lui non c’è più.
Mi mancate
tutti, possano le vostre anime gentili riposare in pace. Amen, nel nome di
Gesù. Amen.
In tutto
questo tempo lavoravo come muratore con un datore di lavoro di nome Abusaalam Ali, un libico che fa contratti con
imprese di costruzioni.
Poi è
cominciata la guerra in Libia. Due mesi dopo, la guerra è arrivata a Zuwara . I
militari armati sono arrivati a casa nostra al mattino presto. Dovevano essere
quattro. Hanno stuprato quella che doveva diventare mia moglie, la donna che ora non c’è più, la donna he aveva partorito i miei due bimbi, che adesso
non ci sono più.. Oh, mio Dio, come è
orribile il mondo.
Ci hanno
separato e messo dentro a furgoni Toyota. Prima che ce ne rendessimo conto
eravamo su una spiaggia. Hanno messo la mia famiglia su una barca insieme ad
altre persone e la barca si è capovolta. I soldati – erano tantissimi – hanno
cominciato a sparare. Così ho perso l’intera mia famiglia in mare: J.,
E. e W.. Sto scrivendo con lacrime di dolore che mi scendono dagli
occhi,; c’è sofferenze e dolori in tutto me stesso. Mi mancate tutti. Possano le
vostre anime gentili riposare nella pace perfetta. Dio sia con voi finchè ci
rincontreremo. Amen. Nel nome di Gesù.
Alcuni
giorni dopo i militari misero anche me e altri
che non conoscevo su una barca. Così sono arrivato in Italia a
Lampedusa, il 7 maggio 2011. Rimasi sulla isola per circa tre giorni
Da là mi portarono a Bologna dove rimasi nel campo della Croce
Rossa Prati di Caprara. Ero sempre solo perché pensavo alla famiglia che aveva
perduto, tutti morti in mare.
Vivevano in
pace con tutti nel campo; eravamo circa 137 uomini. la maggior parte nigeriani.
I responsabili si accorsero che stavo
isolato e piangevo per la mia famiglia; videro la mia condizione che ero depresso e mi
portarono al ospedale psichiatrico dove io rimasi per circa quattro giorni. Il
dottore mi diede una terapia per la depressione e mi consigliò anche di non
stare da solo. Dovevo muovermi e parlare alle persone con cui mi trovavo. Lo
ascoltai e poi lui mi riconsegnò al campo.
Allora io
cominciai a mettere in pratica quello che lo psicologo mi aveva detto di fare e
prendevo la terapia che mi aveva prescritto. La Croce Rossa mi aiutava in tutto
quello di cui avevo bisogno.
Possa Dio
onnipotente continuare a benedirli. Gli sono grato e riconoscente.
Nominarono un ragazzo chiamato S. come responsabile
del campo dei rifugiati perché non si andasse individualmente a chieder quello
di cui si aveva bisogno, per esempio spazzolino da denti, dentifricio, vestiti,
scarpe, sapone eccetera. Tutti chiamavano S. “capo”. Anche io l'ho
chiamata “capo”. Più tardi lui fu rimosso e sostituito con cinque altre persone.
Non sapevo che S. era arrabbiato perché lo avevano rimosso con altri due
ragazzi che lo aiutavano: V. e F., anche loro nigeriani.
Il 16
febbraio 2012 andai fuori e, sulla mia strada, vicino al pattume, vidi degli
altoparlanti e un cacciavite. Li raccolsi e tornai al campo.
Era quasi
notte. Portai tutto fuori in un passaggio dove cercai di accomodarli con il
cacciavite così da poter usare il telefono per ascoltare musica.
Era quasi
notte e lo portai fuori al passaggio dove cercavo di ripararlo con il
cacciavite così potevo usarlo con il mio telefono per suonare musica.
S. passò lì vicino e io lo chiamai, come
al solito “capo”, in segno di rispetto.
Prima che io
potessi rendermene pienamente conto, Solomon mi sferrò dei pugni sulla bocca.
Gli chiesi, “Perché mi picchi?”
Allora
arrivo V. con una sedia come se avessero pianificato l'attacco; F.
aveva una catena. Cominciarono a picchiarmi, colpendomi con la sedia e la
catena (di ferro) mentre S. mi teneva le mani ferme di dietro. Il
cacciavite era nella mia mano sinistra mentre cercavo di sfuggire alla
brutalità di S. V. e F. Il cacciavite nella mia mano sinistra
colpì S., per errore, sulla schiena. Loro, S. V. e F.
presero il cacciavite dalla mia mano Cercai di fuggire dalla loro brutalità per
riferire a M. l'incaricato della Croce Rossa, ma lui non capiva inglese. Prima
di tutto mi portò a lavarmi il sangue perché mi avevano colpito molto forte e
mi avevano ferito la bocca, la testa e altre parti del corpo. Così dopo che M.
ebbe finito di pulire le ferite, io avevo paura di ritornare nella mia camera e
andai nella camera vicino all’ ufficio della Croce Rossa: Poi arrivò la polizia
e mi portò in prigione.
In nome di
Dio aiutatemi, vi scongiuro, nel nome di
Dio onnipotente ho bisogno del vostro aiuto. Per piacere portatemi fuori da
questa prigione mentre sto scrivendo. Per favore, per favore, ho bisogno
del vostro aiuto. Per favore salvate la
mia anima da questa infelicità, da
questa condizione di dolore in cui io
sto vivendo. E’ troppo per me, ho bisogno del vostro aiuto.
Per favore.
Possa Dio
benedirvi tutti.
Spero di
sentirvi presto. Ho bisogno del vostro aiuto.