Filosofare significa per l'uomo, in primo luogo, affrontare ad occhi aperti il proprio destino e porsi chiaramente i problemi che risultano dal proprio rapporto con se stesso, con gli uomini e col mondo.
Da N. Abbagnano, Introduzione all'esistenzalismo
Non succede la stessa cosa quando scriviamo la nostra autobgrafia?
Maria Luisa
sabato 21 luglio 2012
venerdì 20 luglio 2012
Le vostre storie
Mirella ci mnada una riflessione sulla vita
La Vita
E gli esami poi? Che panico! la maturità e la laurea.
Una fatica trovare lavoro e se lo trova,
e alla fine non ci può essere che nostalgia
La Vita
Inizia la vita,
con un pianto,
finisce la
vita, con un sospiro.
Perché..... quel
pianto e quel sospiro?
Il piccolo
piange, lasciare quel grembo
che l’ha nutrito
e cullato,
fuori è
freddo e un energumeno
lo prende a sculacciate.
Fare i primi
passi, che fatica,
paura,
cadute, bernoccoli ovunque.
Quel nuovo cibo ha
uno strano sapore,
all’asilo, un negriero,
A scuola deve
studiare nozioni,
che non gli interessano.
E gli esami poi? Che panico! la maturità e la laurea.
Una fatica trovare lavoro e se lo trova,
comincia la
salita, continua la fatica.
Gli anni passano inesorabili.
Allora perché
quell’ultimo sospiro?
In quell’ultimo
momento
vede tutto lo schermo della vita:
Il bimbo che
all’asilo gli aveva rubato la merenda,
è diventato il suo migliore amico,
sui banchi di
scuola, fra le tante nozioni,
ha
trovato dei veri amici, rimasti tali anche nella vita.
Nel lavoro, anche
se faticoso, quante soddisfazioni!
Al suo
fianco una meravigliosa persona
l’ha accompagnato
lungo il percorso.
Ha fatto tanti
sogni, alcuni si sono avverati,
gli altri,
momenti di serena illusione.
I suoi figli
hanno illuminato il suo cammino.
La
vecchiaia, vissuta con tolleranza e
saggezza,
pur faticosa e
con l’affanno, è stata affascinante
La vita anche se è una continua salita, è bella
La vita anche se è una continua salita, è bella
e alla fine non ci può essere che nostalgia
ed un lungo “sospiro”……………
martedì 10 luglio 2012
Le vostre storie
Da S.
Una donna dall'aspetto severo
e i modi sbrigativi.
A noi bambini non faceva le coccole ma ci metteva in guardia contro i preti e i signori. In realtà non ho mai saputo molto di lei. Era nata in un piccolo paese vicino a Parma da una famiglia di contadini. La madre era morta giovane e lei aveva accudito quattro fratelli più piccoli. Sapevo che si era sposata e che dopo pochi giorni uno dei suoi fratelli era andato a riprenderla e l'aveva riportata a casa. Era sempre vissuta con il padre salvo un breve periodo trascorso in una grande città
lavorando come governante presso la famiglia di un vedovo con figli. Poi un giorno all'improvviso aveva lasciato l'impiego ed era tornata a casa senza dare alcuna spiegazione. Negli ultimi anni il suo carattere si era addolcito ed era diventata buffa e tenera. Passava il tempo seduta accanto alla finestra della sua camera raccontando episodi della sua infanzia. Solo allora ho capito che era stata una persona molto infelice come tutte le donne della sua famiglia.
E' morta lo scorso anno in un giorno d'estate, quando ormai credeva,
lei che era atea, che in cielo si fossero dimenticati di lei.
Era mia zia, la sorella di mio padre.
Una donna dall'aspetto severo
e i modi sbrigativi.
A noi bambini non faceva le coccole ma ci metteva in guardia contro i preti e i signori. In realtà non ho mai saputo molto di lei. Era nata in un piccolo paese vicino a Parma da una famiglia di contadini. La madre era morta giovane e lei aveva accudito quattro fratelli più piccoli. Sapevo che si era sposata e che dopo pochi giorni uno dei suoi fratelli era andato a riprenderla e l'aveva riportata a casa. Era sempre vissuta con il padre salvo un breve periodo trascorso in una grande città
lavorando come governante presso la famiglia di un vedovo con figli. Poi un giorno all'improvviso aveva lasciato l'impiego ed era tornata a casa senza dare alcuna spiegazione. Negli ultimi anni il suo carattere si era addolcito ed era diventata buffa e tenera. Passava il tempo seduta accanto alla finestra della sua camera raccontando episodi della sua infanzia. Solo allora ho capito che era stata una persona molto infelice come tutte le donne della sua famiglia.
E' morta lo scorso anno in un giorno d'estate, quando ormai credeva,
lei che era atea, che in cielo si fossero dimenticati di lei.
Era mia zia, la sorella di mio padre.
sabato 7 luglio 2012
Le vostre storie
Ricordi di S.
Ricordo la favola della
principessa che si mangiava le unghie che mia madre mi raccontava quando ero
bambina.C'era una volta in un paese lontano una principessa che si mangiava le
unghie. Tanti principi giungevano al castello per chiederla in sposa ma quando vedevano
le sue mani, rimontavano a cavallo e lasciavano di gran carriera il castello.
Il re suo padre era così
disperato che un giorno decise di portare la fanciulla nelle cucine del
castello. Dovendo lavorare tutto il giorno, la principessa non aveva più il
tempo di mangiarsi le unghie, e le unghie a poco a poco crebbero... Un giorno
giunse al castello un bellissimo principe che chiese al re di poter conoscere
la principessa. Quando lui vide le sue mani, la chiese immediatamente in
sposa.
Sicuramente la principessa
sposò il principe e insieme vissero per sempre felici e contenti. Quanto a me,
non ho smesso da un giorno all'altro di mangiarmi le unghie, ma tutto sommato
devo ingraziare mia madre perché grazie a quella fiaba ho smesso di
credere nel principe azzurro.
giovedì 5 luglio 2012
Le vostre storie
Recensione di Paola, giugno 2012
Bella Chagall
Come fiamma
che bruci
Io, la mia vita
e Marc Chagall
Con 68 disegni e
una postfazione dell’artista
Donzelli Editore _______________________________________________________________________________________
Questa prima edizione italiana del
diario completo, che Bella Chagall iniziò a scrivere in yiddish nel 1939 e
apparve nella traduzione francese per le Edizioni Gallimard soltanto nel 1973, ci
dà la possibilità di conoscere un libro che per l’originalità della voce
narrante e la qualità della scrittura è
molto di più di documento di valore
storico o di una testimonianza sulla vita della comunità ebraica bielorussa di
Vitebsk.
Già dalla prima , intensa pagina, Bella ci coinvolge nelle emozioni che la
portano a scrivere i suoi quaderni. I ricordi improvvisi degli anni dell’infanzia “sempre più vicini, talmente vicini che
potrebbero respirare nella mia bocca”, l’affollarsi delle immagini della sua
famiglia e “ di quelle degli altri, matrimoni e funerali, i ricchi e i poveri,
le nostre vie e i nostri giardini” , il desiderio di salvare queste memorie e regalarle al marito: “E mi sono ricordata che tu, amico
mio devoto, spesso, con grande tenerezza, mi chiedevi di raccontarti la mia
vita, del tempo in cui ancora non mi conoscevi.
Così scrivo per te”.
Con lei bambina, entriamo nella sua grande casa, nella sua numerosa famiglia
con sei fratelli maschi, nella cucina in cui Chaja la cuoca impasta, frigge, inforna
senza sosta, quindi nel cortile e nel negozio di gioielli dei genitori, dove
vengono a fare acquisti le signore della buona società. Ci racconta le luci e
le preghiere dello Shabbat e le festività, i giochi nella neve con i fratelli,
le passeggiate con il padre, i colori delle stagioni e ogni
gesto, anche il più banale, ha una singolare eco emotiva. Quando Sasha, la
ragazza che aiuta in cucina, spazza la sala da pranzo ”con le briciole si porta
via le ultime voci udite nella stanza. La sala da pranzo si raffredda”.
Ci sono momenti indimenticabili,
come la sera di Pasqua in cui Bella ha
il cuore stretto in una morsa “perché,
sola con mamma, andrò incontro al profeta Elia e perché saremo noi ad
aprirgli la porta” e lo attende, nel
buio, sulla soglia. E ci sono ritratti di personaggi tanto veri che ci sembra
di averli incontrati: il maestro povero, gli zii, la bella, giovane signora che
sceglie le perle più luminose.
Un giorno, poco più che bambina, Bella incontra il ragazzo pittore che “non
assomiglia né agli amici dei fratelli, né a nessun altro” e “ha occhi
stranieri, non come quelli di tutti, lunghi, a mandorla” ed è l’inizio di un grande, unico amore, che
sarà da lui raccontato in tanti quadri e disegni indimenticabili .
Il mondo ebraico Hassidicco di Vitebsk, tragicamente cancellato, è stato rievocato
in modo favolistico e visionario da Chagall, ma la dimensione quotidiana, i
suoni, i colori di quel mondo sono arrivati a noi e ci sembrano quasi
familiari, perché Bella ha voluto “strappare
a queste tenebre un giorno, un’ora, un istante della casa svanita.”
martedì 3 luglio 2012
Le vostre storie
La fornace vista e vissuta da un bambino
(negli anni ’45 – ’60)
Un
mondo speciale, un microcosmo per tutti ma in particolare per la vita e gli
occhi di un bambino.
Rituali
inusuali, suoni, terreno vastissimo più o meno accidentato, personaggi
caratteristici, un ambiente dove la vita
è scandita da regole ferree, perché potrebbe essere messa in pericolo la
propria e quella degli altri.
Una
enorme vasca profonda e molto larga alimenta il fabbisogno della lavorazione,
ma serve anche quando gli operai sporchi di polvere, accaldati, il calore non
manca mai, vi si buttano dentro per rinfrescarsi e pronti per ricominciare,
oppure per fare quella catena di secchi che può a volte spegnere un incendio.
Il
prato fa invidia a tutti, specie quando anche i mitici giocatori del Bologna
vanno ad allenarsi, quei giocatori come Cervellati, Maini, Zerbini ed altri,
che hanno fatto grande il Bologna.
C’’è
tanta terra creta, per costruire carri armati, da distruggere poi a sassate, o
per fare dei proiettili per la guerriglia con i ragazzi dei territori
confinanti, imitando i “Ragazzi della Via Paal”.
Un
rituale molto interessante consiste nell’accensione del forno, che segna
l’inizio della stagione, a primavera, è usanza che sia un bambino a farlo, quel
bambino, quattro anni poco più, figlio del capo fabbrica, si sente importante,
fa un gesto da adulti, con una torcia fiammeggiante deve incendiare le fascine,
che pian piano diventeranno un falò, una torcia in mano, non glielo
permetterebbero mai in altri momenti.
Grande
fascino destano le decauvilles,
quei vagoncini che, su binari, trasportano la
terra per i mattoni da una parte all’altra della fornace, sono in discesa, ed
al sabato pomeriggio, quando il lavoro finisce, rimangono
incustoditi……attrazione fatale: alcuni bambini dentro, altri fuori a dare
quella spinta verso la discesa che permetterà al vagoncino di prendere
velocità, una velocità che fa inebriare, ma che a volte, alla curva, fa uscire
il vagoncino dai binari e non sempre si riesce a rimetterlo su, quindi
rimproveri, quando va bene, se no scappellotti e forse più.
Sopra
al forno ci sono delle buchette da dove esce un forte calore, quel calore serve
alle massaie del vicinato che vengono a cuocere il mangiare della giornata,
specie umidi ed intingoli ed allora si sparge un odore inebriante.
Quando
suona la campanella, tutti debbono andare verso gli uffici, non è un buon
segno, in genere o c’è un incendio, o qualche dipendente si è fatto male o
comunque c’è qualche comunicazione urgente, per cui il bambino corre, attirato
da quel suono, ma è meglio che stia alla
larga.
Durante
gli scavi per ricavare la terra, si può trovare di tutto: una casa colonica
romana, con un enorme numero di anfore con la punta inserita nel terreno, che
diventano tiro a segno per i ragazzi del quartiere; oppure un’ascia, un gufo in
bronzo ed anelle sempre in bronzo, con splendidi colori blu iridescenti,
rigorosamente consegnati alle belle arti.
Prima
della fine della guerra, capita spesso di dover correre in rifugio, durante alcuni
bombardamenti ci sono dei morti fra gli
operai, che saranno ricordati da una
lapide; in rifugio è buio, solo una candela fatta con il grasso di sego che
puzza terribilmente, una lucciola, è la sigaretta in bocca ad un operaio che ad ogni scoppio trema, fuori
la notte è illuminata a giorno dai bengala.
E’
un mondo agli occhi di un bambino fatto
di avventure di giochi, che altri invidiavano, con il passare degli anni lo
ricorderà sì con nostalgia, ma ricorderà di avere visto il duro lavoro, la voglia di rinascita, le lotte sindacali, tanto rispetto, giustizia e onestà.
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